di Luigi Pellicone
Telenovela finita? Sembra di si. Almeno sino alla prossima puntata. 18 marzo, 40 giorni alla fine del campionato. E Totti non rinnova il contratto. Nessuno glielo ha offerto. E il capitano rinuncia, si dice, anche al futuro da dirigente. Pallotta ha detto, chiaro e tondo, che Totti deve smettere ma lo ha fatto da Boston. Liquidare una bandiera a 6.584,31km di distanza non è bello. Totti ha detto chiaro e tondo, che voleva giocare e ha chiesto chiarezza. Davanti ai microfoni e non guardando negli occhi chi doveva decidere. E non è bello. Forse era meglio chiudersi in uno studio e parlarsi in faccia.
Chi ha sbagliato, poco importa. Conta che, ad oggi, la Roma è senza Totti. Niente 40 anni in giallorosso. Niente futuro da dirigente. All’orizzonte, una prospettiva diversa, lontana dall’Italia, per giocare ancora. O lontana dal campo, in giacca e cravatta. In entrambi i casi, però, lontano da Trigoria, vicino all’Olimpico. Le ultime voci dicono che Totti possa essere “acquistato” dal presidente Malagò come uomo immagine di Roma 2024.
Sarebbe un epilogo onorevole per la carriera di Totti, ma amarissimo per i tifosi. Totti ambasciatore di Roma, ma non della Roma. Un Totti vicino, ma lontano. Doloroso che finisca cosi. Scoprire che un amore è passionale, sconfinato, ma non infinito. Il grande freddo è sceso in un inverno quasi caldo. Eppure, a dispetto delle temperature, il cuore della Roma si è gelato. Totti vorrebbe indossarla ancora quella maglia. La ama ancora. É riamato? Di certo, è rispettato e voluto bene. Stimato. Non è abbastanza. Non si mendica, in amore. Insistere, da indesiderati, è inutile, lesivo. Meglio affrontare il viale dell’addio sebbene il percorso sia malinconico, triste, il dolore quasi insopportabile. Meglio il purgatorio, che il Paradiso a dispetto dei santi. Nessuno immaginava facile gestire l’addio di Totti. L’epilogo assume contorni inaspettati. Non degni di un campione straordinario e di una società forte. Questa storia, si poteva gestire meglio. Si scriva, in un senso o nell’altro la parola fine, nel rispetto di tutti.