(di Gianluca Guarnieri) “Quando il gioco si fa duro, i duri entrano in campo”. Mai la citazione dell’indimenticabile John Belushi tratta da “Animal House” di John Landis, si adatta alla perfezione come ad Aleksandar Kolarov, grande protagonista di Roma-Inter, e colonna portante del team di Eusebio Di Francesco. Per il Capitano della Serbia un match giocato ad alta intensità agonistica, da autentico leader, sempre pronto a spingere sulla sua fascia sinistra e tentare la via della rete, centrando il bersaglio dal dischetto. Il numero 11 si è dimostrato ancora una volta elemento di assoluta personalità, già nella scorsa stagione, ripetendosi in questa nonostante le difficoltà incontrate dalla Roma, dimostrando una personalità granitica, giocando varie partite con una microfrattura ad un dito del piede sinistro, stringendo i denti e risultando determinante anche in condizioni imperfette. Kolarov è uno che non si tira indietro, e di questo ne sa qualcosa la sua ex squadra la Lazio, colpita ed affondata nel derby di fine settembre, con una punizione delle sue (la sua specialità) che ha lasciato di sasso barriera e Strakosha in porta, entrando nella storia alla pari di Arne Selmonsson come goleador con entrambi i club nella stracittadina capitolina. La Lazio è il passato (remoto) nella carriera dell’esterno serbo, capace di vincere un po’ di tutto con il Manchester City insieme al compagno di squadra Dzeko, pronto a tornare sui “7 colli” indossando la maglia Oro e Porpora, senza alcun tentennamento ed indecisione. Nessuna abiura del passato ma grande professionalità e la capacità di dare tutto per i nuovi colori, divenendo in pochissimo una delle figure chiave dello spogliatoio, senza ipocrisia o un eccesso di diplomazia. L’esempio giusto, in questo caso, alla vigilia del match con il Real Madrid, quando disse che molti tifosi non capivano nulla di calcio. Parere non condivisibile, detto però senza timori o fronzoli, da uno con la grinta da vendere e senza intenti ruffiani, prendendosi tutte le responsabilità. Lui è così, prendere o lasciare. Il suo contributo in campo però è di quelli che pesano e pure parecchio. Domenica sera si è visto, con una gruppo gravato da tante assenze (Dzeko, De Rossi, El Shaarawy, Fazio, Lorenzo Pellegrini) al cospetto di una squadra forte come l’Inter di Spalletti, desideroso da sempre di fare lo sgambetto alla sua ex squadra. Nonostante ciò, il serbo è stato leader vero, pronto a caricare i giovani compagni, ad incitarli ed a spingere sulla sua fascia sinistra, cercando la gran botta con il mancino. Handanovic era riuscito a negargli il goal nel primo tempo con una parata strepitosa, deviando il bolide del romanista con un volo sotto la traversa, ma nulla ha potuto sulla folgore dagli 11 metri dopo il rigore concesso per il fallo di mano di Brozovic. Il pallone era uno di quelli pesanti, per evitare una sconfitta immeritata, ma Kolarov non ha avuto esitazioni o pressioni eccessive, dimostrando la sua consueta gagliardia. Uno di quelli su cui contare sempre, e mister Di Francesco lo sa bene. Con quella faccia avrebbe potuto fare anche l’attore, magari in uno “Spaghetti Western” di Leoniana memoria o un ruolo alla “Snake Plinskeen” come in “1997-Fuga da New York”, pronto ad estrarre la pistola più veloce del nemico. Uno di poche parole e di tanti fatti. Uno forte davvero.