22-02-2016
Di Mattia Deidda – La Roma che scende in campo contro il Palermo ha la mente occupata da molti pensieri. Prettamente al campionato: Inter e Fiorentina hanno vinto i rispettivi impegni sorpassando ed allungando sui giallorossi. Già questo basterebbe per rendere la gara contro i rosanero essenziale. Eppure prima delle 20:45 non si guarda la classifica. Quella che sembra l’inizio di una ‘guerra civile’ ha spaccato la tifoseria di casa, ma un albero che cade fa molto più rumore di un intero bosco che cresce, e allo stadio i supporters delle idee di Spalletti sono surclassati da chi a Totti non vuole rinunciare. La polemica rimane viva nel corso dei novanta minuti, ma portare a casa i 3 punti assume la priorità.
ROMA ALL’ANTICA – Per la prima volta dal suo ritorno, Spalletti non schiera nell’undici iniziale neanche un calciatore acquistato nella parentesi del calciomercato invernale. El Shaarawy e Perotti, sempre utilizzati da quando approdati nella Capitale, hanno iniziato la partita in panchina. Gli uomini scesi in campo contro il Palermo sono gli stessi che aveva a disposizione Garcia, ma la differenza è evidente. Incide come non mai il fattore ‘fiducia’, acquistato grazie alle quattro vittorie consecutive; i giallorossi in campo non buttano palla, pressano alto e si rifugiano da Szczesny il meno possibile. La testa ha un ruolo molto più importante di quello delle gambe, e dopo sette partite agli ordini del tecnico toscano non si vede più neanche l’ombra del problema ‘tenuta atletica’, argomento principe quando alla guida c’era Garcia.
FATTORE MAICON – Se sta bene, gioca lui. Sono ormai sette partite che Spalletti è tornato sulla panchina della Roma, di queste, Maicon ne ha giocate quattro. Ogni azione pericolosa dei giallorossi arriva dalla sua parte. Sulla sinistra, dove è presente Digne, la Roma fa girare il pallone, ma non riesce mai a raggiungere la profondità. La capacità di Maicon di tagliare il campo palla al piede e di dare supporto all’azione offensiva è la vera chiave del gioco romanista. Dalla sua parte si arriva spesso sul fondo, e gli avversari sono costretti a portare un uomo in più in copertura in quanto il terzino brasiliano può andare sia al cross attaccando la profondità sia attraversare il campo palla al piede. Regala sicurezza alla squadra che si rifugia da lui nei momenti in cui la manovra non trova sbocchi. Anche al 30% fa la differenza.