di Antonio Capotosto
“Bodoira-Piacentini-Ferrini-Baldi-Ellena…”. L’incipit del Grande Torino. Iniziava così la famosa filastrocca che portò al primo scudetto del famoso ciclo, il secondo della storia granata.
Stagione 1942-’43, quella dell’arrivo di Mazzola ed Ezio Loik. Ferruccio Novo acquistò Valentino e l’Elefante fiumano dal Venezia, il mediano Grezar dalla Triestina e il terzino (spesso schierato tra i titolari) Luigi Cassano dal Napoli. Per gli attaccanti Gabetto, Ferraris e Menti era invece la seconda stagione al Filadelfia. In panchina era tornato a sedersi Andreas Kuttik, il quale qualche anno prima sostituì Angelo Matteo. Ma dopo la sconfitta di Bergamo e il pareggio casalingo con la Lazio la guida del Toro venne affidata ad Antonio Janni, bandiera da giocatore tra i protagonisti del primo scudetto e già tecnico granata (annata 1937-’38). Mazzola e compagni chiusero l’anno solare al secondo posto, in coabitazione della Vecchia Signora: in vetta c’era il sorprendente Livorno, che aveva chiuso il torneo precedente con una salvezza raggiunta all’ultimo anno (blitz a Milano con i rossoneri e ko del Napoli a Genova). Gli amaranto di Ivo Fiorentini iniziarono il campionato con un filotto di sei successi consecutivi e rimasero al comando della classifica fino alla quartultima giornata, con il Toro che inseguiva a distanza immediata: a Roma Amedeo Amadei mandò al tappeto i toscani e lanciò i granata verso lo scudetto. Anzi, verso la storia. Senza il (primo) Grande Torino, quel Livorno avrebbe preceduto Nottingham Forest, Hellas, Kaiserslautern, Grecia. E ovviamente il Leicester. Sembra un sacrilegio ricordarlo proprio oggi, mercoledì 4 maggio.