di Massimo Fabi
Le parole di Maradona, gran tifoso di Leo sin da quando la Pulce aveva diciotto anni, erano state piuttosto pesanti, confidando a Pelé che non avesse “la personalità da leader”. La risposta di Messi è stata immediata, giunta come lui sa fare: nel suo esordio alla Copa America Centenario, il numero 10 della Selección, subentrato al 62’ al posto di Augusto Fernandez, ha silurato in mezz’ora Panamá con una tripletta ispirando poi la quinta rete finale firmata da Agüero. Grazie al 5-0 del Soldier Field di Chicago, l’Albiceleste si è così assicurata la vittoria del gruppo D con novanta minuti di anticipo. Devastante dunque Leo, dimostrando di aver assorbito la botta alla schiena che aveva fatto spaventare una decina di giorni fa l’Argentina intera. Messi entra, si prende subito la fascia da capitano consegnatale da un big come Mascherano, e regala quattro perle che umiliano una difesa scioltasi anche in virtù di un’inferiorità numerica patita dal 31’ del primo tempo. Dal mancino di Di Maria, decisivo nel trovare la testa di Otamendi ma poi out, a quello di Messi: inserito nel momento giusto da Tata Martino, quello della Pulce è un rientro indispensabile per la Selección, costretta di nuovo ad affrontare un infortunio muscolare del Fideo uscito per un problema all’adduttore allo scadere della prima frazione. Nonostante il vantaggio repentino di Otamendi e l’uomo in più, il gioco argentino sembrava soffrire i limiti del passato, risultando piuttosto spento e facendo fare un’ottima figura alla formazione di Hernan Dario Gomez, in partita, appunto, fino all’ingresso di Messi. Presentatosi con il look della ‘barbetta’, quasi a voler dire ‘sono un veterano’, il fuoriclasse blaugrana ha in effetti dato la scossa alla squadra, sia in termini tecnici che di morale. A proposito di icone leggendarie, dopo questa tripletta il record di Batistuta è a sole due reti.
Una cinquina forse troppo punitiva per Panamá, coraggioso e intraprendente nella prima metà di gara, dimostrando di meritare quel secondo posto conteso con il Cile. Oltre all’inesperienza per questo tipo di competizioni pagata nella ripresa, occorre sottolineare anche l’aggressività eccessiva dei centroamericani: un nervosismo che porterà alle squalifiche di pedine cardine come Baloy, Godoy e Blas Perez. Non da escludere che tale ‘collera’ sia derivata dalla vittoria del Cile ottenuta in pieno recupero per rigore pressoché inesistente, episodio che avrà fatto rivivere a Panamá il dramma del furto subito contro il Messico nella Gold Cup 2015: un passo falso cileno avrebbe del resto fatto molto comodo alla Marea Roja consentendole di potersi accontentare nello scontro diretto di un pareggio per accedere ai quarti, ora invece gli uomini di Gomez saranno costretti ai tre punti per realizzare una impresa storica. Sogno passaggio del turno per i centroamericani, obbligo di trionfo invece per Lionel Messi a cui manca solo una cosa per una ‘divina’ completezza: un trofeo con la Nazionale maggiore. Le due finali consecutive perse contro Germania e Cile pesano troppo sul suo giudizio in patria, ecco perché contribuire alla vittoria di una Coppa America che manca dal 1993 sarebbe fondamentale nel cancellare critiche sulla sua presunta poca personalità, ottenendo, presumibilmente, la doverosa ‘incoronazione’ anche da parte dell’ex Pibe de Oro.
Le parole di Maradona, gran tifoso di Leo sin da quando la Pulce aveva diciotto anni, erano state piuttosto pesanti, confidando a Pelé che non avesse “la personalità da leader”. La risposta di Messi è stata immediata, giunta come lui sa fare: nel suo esordio alla Copa America Centenario, il numero 10 della Selección, subentrato al 62’ al posto di Augusto Fernandez, ha silurato in mezz’ora Panamá con una tripletta ispirando poi la quinta rete finale firmata da Agüero. Grazie al 5-0 del Soldier Field di Chicago, l’Albiceleste si è così assicurata la vittoria del gruppo D con novanta minuti di anticipo. Devastante dunque Leo, dimostrando di aver assorbito la botta alla schiena che aveva fatto spaventare una decina di giorni fa l’Argentina intera. Messi entra, si prende subito la fascia da capitano consegnatale da un big come Mascherano, e regala quattro perle che umiliano una difesa scioltasi anche in virtù di un’inferiorità numerica patita dal 31’ del primo tempo. Dal mancino di Di Maria, decisivo nel trovare la testa di Otamendi ma poi out, a quello di Messi: inserito nel momento giusto da Tata Martino, quello della Pulce è un rientro indispensabile per la Selección, costretta di nuovo ad affrontare un infortunio muscolare del Fideo uscito per un problema all’adduttore allo scadere della prima frazione. Nonostante il vantaggio repentino di Otamendi e l’uomo in più, il gioco argentino sembrava soffrire i limiti del passato, risultando piuttosto spento e facendo fare un’ottima figura alla formazione di Hernan Dario Gomez, in partita, appunto, fino all’ingresso di Messi. Presentatosi con il look della ‘barbetta’, quasi a voler dire ‘sono un veterano’, il fuoriclasse blaugrana ha in effetti dato la scossa alla squadra, sia in termini tecnici che di morale. A proposito di icone leggendarie, dopo questa tripletta il record di Batistuta è a sole due reti.
Una cinquina forse troppo punitiva per Panamá, coraggioso e intraprendente nella prima metà di gara, dimostrando di meritare quel secondo posto conteso con il Cile. Oltre all’inesperienza per questo tipo di competizioni pagata nella ripresa, occorre sottolineare anche l’aggressività eccessiva dei centroamericani: un nervosismo che porterà alle squalifiche di pedine cardine come Baloy, Godoy e Blas Perez. Non da escludere che tale ‘collera’ sia derivata dalla vittoria del Cile ottenuta in pieno recupero per rigore pressoché inesistente, episodio che avrà fatto rivivere a Panamá il dramma del furto subito contro il Messico nella Gold Cup 2015: un passo falso cileno avrebbe del resto fatto molto comodo alla Marea Roja consentendole di potersi accontentare nello scontro diretto di un pareggio per accedere ai quarti, ora invece gli uomini di Gomez saranno costretti ai tre punti per realizzare una impresa storica. Sogno passaggio del turno per i centroamericani, obbligo di trionfo invece per Lionel Messi a cui manca solo una cosa per una ‘divina’ completezza: un trofeo con la Nazionale maggiore. Le due finali consecutive perse contro Germania e Cile pesano troppo sul suo giudizio in patria, ecco perché contribuire alla vittoria di una Coppa America che manca dal 1993 sarebbe fondamentale nel cancellare critiche sulla sua presunta poca personalità, ottenendo, presumibilmente, la doverosa ‘incoronazione’ anche da parte dell’ex Pibe de Oro.