LUIGI PELLICONE
Patriottismo americano. Efficienza e freddezza tedesca. Klinsmann elimina l’Ecuador e approda in semifinale di Copa America. Risultato difficile da pronosticare, dopo l’esordio choc contro la Colombia. Invece gli USA si arrampicano in zona podio. Non succedeva dal 1995.
Il quarto di finale contro l’Ecuador è spigoloso. I sudamericani corrono e picchiano. Gli USA incassano senza andare alle corde. E alla fine, arriva sempre lui…Dempsey. Due lampi. Un gol e un tocco decisivo per il raddoppio di Zardes. Sui sette gol segnati dagli states, la fima di Dempsey è in calce a tre reti e tre assist. Trascinatore di una squadra che non ruba l’occhio ma è efficace: gli USA giocano con un 4-4-2 scolastico. Talento, pochino. Tecnica? Rivolgersi altrove. E però, spirito di squadra, applicazione e organizzazione compensano le lacune. Aggiungere il coraggio di saper soffrire. Shakerare bene. Il mix ubriaca l’Ecuador ed esalta uno stadio strapieno che segue e vive l’evento di “soccer” come qualcosa di simile al calcio. Il primo passo verso un possibile cambiamento epocale vissuto attraverso due interrogativi: gli Stati Uniti competivi anche in uno sport in cui la palla che non è gialla, ovale, o a spicchi? Seattle in testa agli indici d’ascolto TV per qualcosa di diverso da Grey’s Anatomy? Risposta in tre parole: Magia del calcio. Il finale è tutto da scoprire. Gli states studiano pallone e hanno voglia di imparare e vincere. Prossimo esame: le semifinali.