Un uomo, una bandiera: Bob Lovati

Posted By on Lug 21, 2016 | 0 comments


I ricordi, legati al grande Bob Lovati, del nostro direttore Michele Plastino

 

Scusate il ritardo. Ma l’affetto non si misura con l’orologio. Auguri caro, vecchio Bob. Lovati il mio esempio di Lazialitá. Lui, signore, elegante, umano, sensibile, Casanova più che Don Giovanni, sorridente, romantico, e malinconicamente allegro. Ero bimbo quando lo prese la Lazio e i miei ricordi non sono confortati dalla tecnologia di internet ma dalla memoria del cuore. Lo avevo già visto all’Olimpico col Toro un anno prima, quando nella Lazio giocava, credo, un portiere dal nome Bandini. Era lungo quanto bravo e dal Toro venne alla Lazio con Moltrasio. Tutti personaggi sistemati negli angoli più remoti dei miei ricordi, quelli della Rondinella diretta da papá. Una volta parò un rigore a Pivatelli che per reazione gli sferrò un calcio in testa, forse per riprender palla. L’arbitro lo espulse e un tizio accanto a me scattò verso il campo saltando non so come il fossato per andare a picchiarlo. Credo sia stata l’unica invasione di campo dalla Monte Mario. Lovati già da allora era amatissimo. Poi una lunga carriera (non si è mai dato pace per sei gol presi in nazionale contro la Jugoslavia) e poi sempre e solo Lazio. Presente in ogni momento di difficoltà e in ogni ruolo. Allenatore con il dolce Morrone, direttore sportivo, capo degli osservatori, semplice osservatore. Capiva il calcio nella sua interezza, nella sua umanità. Gli devo personalmente due regali splendidi. Una volta in ritiro mancavano tre giocatori per la partitella squadra A contro squadra B. Chiamò me e due miei amici, Pino e Giancarlo. Corsi talmente tanto (piede buonino lo avevo) che persi quasi tre chili. Ma solo il pensiero di stare in campo con loro mi diede energia e felicità. Poi anni dopo,mio padre malato di ictus, zoppicante con bastone e con ridotta loquacità espresse il desiderio di accompagnarmi all’allenamento della Lazio, che io vivevo per lavoro. Anche in quella circostanza l’allenatore d’emergenza era Bob. Lovati vide papà con me in tribuna e lo riconobbe. Si fermò e lo volle in panchina, parlandogli a lungo dei vecchi tempi con una indimenticabile dolcezza. Quando andammo via capii che per papá era stata la migliore medicina. Questo era Bob, questa la Lazialitá in persona. Poi un giorno lo vidi andare allo stadio da solo, giá esautorato da Lotito, da solo come un semplice tifoso che non poteva fare a meno della sua Lazio. Mi avvicinai e lo accompagnai, con la tristezza nel cuore. Questa é la cosa che a Lotito non ho mai perdonato, l’incomprensibile finale di Lovati nella Lazio. Per questo non ho mai capito come abbiano fatto a convincere Stefano, suo figlio, a far parte dello staff dei consulenti sanitari, o perché alcuni ex giocatori siano andati a Formello alla installazione del busto. Lovati è di per se’ una statua nel cuore di ogni laziale, è presente nell’anima di ogni cosa che sappia di Lazio, quella vera, la nostra. Bob è la Lazio. Per me qualcosa di più.

Submit a Comment