AAA Morale, fisico e fiducia nei cambi cercasi

Posted By on Mar 10, 2017 | 0 comments


Luigi Pellicone

Quattro sconfitte in 5 partite. Tre consecutive. Quanto basta per decretare lo stato d’allerta. Non si parli di crisi, perché fra una settimana tutto è rimediabile, ma la Roma vista a Lione si complica la vita e non lascia ben sperare. Non tanto per la qualità espressa, quanto per atteggiamento e tenuta fisica. La squadra gioca un buon calcio finché è sorretta dalla condizione. Superata l’ora di gioco, però, si accende la spia della riserva. Rosso fisso. La fatica appanna la vista e annebbia il cervello. La Roma gioca senza gestirsi, dimenticando che la gara si gioca sui 180′.

Il conto è salatissimo: troppe distrazioni e alcune scelte, in campo e fuori, discutibili costano una partita buttata via. Il secondo tempo si chiude con un parziale di 3-0. Inaccettabile, a certi livelli, se si vuole andare in fondo alla competizione. Difficile arrivare in fondo, se si prendono sempre tanti gol. Inevitabile. La squadra è molto più lunga sul campo, è in calo fisico e non è protetta dal centrocampo. E la paura. Sul banco degli imputati, l’intera fase difensiva.

La Roma si mette a cinque e prende quattro gol. Sul primo la difesa è ferma. Il terzo, fotografa il momento psicofisico dei giallorossi: Fekir prende palla, la difende. É accerchiato, ma libero di girarsi e mirare l’angolino senza subire alcuna pressione. I gol di Tolisso e Lacazzette hanno la stessa matrice. In entrambi i casi la Roma lascia tempo e spazio al portatore di palla sui diciotto venti metri, per giunta indietreggiando. Un esercizio riuscitissimo di harakiri. Protagonista Jesus. In nomen omen. Jesus, pietà.

Spalletti ha di che lavorare: deve recuperare, nella testa e nel fisico, una squadra che sembra sgonfiatasi proprio sul più bello. E spiegare perchè, con una squadra in chiara sofferenza fisica, attende gli ultimi 10′ per effettuare i cambi. O non ha fiducia nei ricambi, o vuole mandare dei segnali? I palloni persi da Perotti e Paredes, e la perenne inconsistenza di El Shaarawy, avvalorano entrambe le tesi. In entrambi i casi, il tecnico toscano ha il dovere di raddrizzare la rotta e una barca che inizia a imbarcare acqua da tutte le parti. Senza pensare ai fantasmi e al fuoco amico, che aspettava questa crisi come l’acqua nel deserto e ha già preso la mira.

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