Road to Cardiff: quella Coppa colma di sangue innocente

Posted By on Giu 2, 2017 | 0 comments


Giandomenico Tiseo 

Lo sportivo questa sera esulta ma l’uomo conserva il dolore di una serata resa luttuosa per quanto successo prima della partita”. E’ con queste parole che Bruno Pizzul, telecronista della Rai, chiuse la cronaca della finale di Coppa dei Campioni 1985 tra la Juventus ed il Liverpool vinta 1-0 dai bianconeri. Doveva essere il match del secolo ed invece fu occasione di una vera e propria tragedia. Circa un’ora prima della partita (ore 19.20; l’inizio della partita era previsto alle 20.15) i tifosi inglesi più accesi, i cosiddetti hooligans, cominciarono a spingersi verso il settore Z a ondate dello Stadio Heysel di Bruxelles, cercando il take an end (“prendi la curva”) e sfondando le reti divisorie: memori degli incidenti della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano forse una reazione altrettanto violenta da parte dei supporters juventini, cosa che non sarebbe mai potuta esserci, dato che la tifoseria organizzata bianconera era situata nella curva opposta (settori M – N – O).

Gli inglesi sostennero di aver caricato più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e non, impauriti, anche per il mancato intervento delle forze dell’ordine belghe furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro opposto al settore della curva occupato dai sostenitori del Liverpool. Parte della struttura ad un certo punto crollò per il troppo peso, moltissime persone rimasero schiacciate, calpestate dalla folla e uccise nella corsa verso una via d’uscita, per molti rappresentata da un varco aperto verso il campo da gioco. Il conto delle vittime fu di 39 morti e 600 feriti. Un bollettino di guerra…

Una partita, dunque, in un clima surreale decisa da un penalty di Michelle Platini al 52’ per fallo di Gary Gillespie su Zibi Boniek commesso circa un metro fuori dall’area di rigore. La realizzazione del francese valse il 1° successo nella massima competizione europea per club alla Juve ma di quella vittoria, in primis i giocatori, pochi poterono vantarsi. Di fatto, anche quanto capitato in quel maledetto 29 maggio contribuì ad alimentare l’aurea di negatività nel percorso continentale della Vecchia Signora. Un trofeo per molto tempo rimasto unico, rappresentativo di lacrime e sangue piuttosto che di gioia e felicità. Anche per questo motivo, ricordare quell’incontro come un trionfo calcistico non è aderente alla realtà e può essere considerato solo per mero esercizio statistico.

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