Generazione di fenomeni: calcio e pallavolo

Posted By on Ott 22, 2017 | 0 comments


di Matteo Quaglini

 

In questi giorni caldi d’agosto con i campionati all’inizio, le super coppe già giocate e gli europei di pallavolo
pronti a cominciare sembra di essere in un western sportivo. Un western alla Sergio Leone da duelli
rusticani tra giocatori. Un assaggio, suggestivo, ce l’ha già dato il primo scontro dell’anno tra Ronaldo e
Messi, un altro sta per arrivare dalla Polonia. In dieci, lunghi e affascinanti giorni, i migliori pallavolisti
internazionali giocheranno l’Europeo forse più equilibrato della storia della pallavolo: i russi dello Zenit
Kazan tre volte campione d’Europa che compongono la nazionale, N’Gapeth e Grebennikov numeri uno e
fuoriclasse di Francia e ancora L’Italia della tattica e la Polonia campione del mondo.
Un cast formidabile tra calcio e pallavolo per un film leoniano. Un western visto le facce e le personalità
degli interpreti sullo stile de “
Il buono, il brutto e il cattivo
” o un lungo piano sequenza da grandi silenzi che
preparano l’azione di Ronaldo – De Niro accompagnati dalla pazzia talentuosa alla James Woods dei geniali
francesi da parquet in questo grande
“C’era una volta l’America”
sportivo da Oscar.
Tutte storie che rilanciano, oggi, un’idea suggestiva dalla mitologia definita in un racconto letterario da
romanzo sportivo, il racconto della generazione dei fenomeni. Tutto nacque in Brasile, nel 1990, quando
Lorenzo Bernardi mise a terra l’ultimo pallone della finale mondiale contro Cuba che già si sentiva campione
inarrivabile.
In quei giorni a Rosario Messi aveva tre anni mentre Ronaldo al di là dell’Atlantico, cinque. I quattro
fenomeni di due sport diversi, aggiungendo Kiraly che in quegli anni imperava col suo magistero
pallavolistico, pur distanti si stavano pian piano avvicinando.
L’anno del definitivo abbraccio sarebbe arrivato nel 2007 quando Bernardi smetteva di giocare a Montichiari
e Kiraly chiudeva la sua carriera miliardaria e titolata nel Beach volley mentre Ronaldo diventava l’erede di
George Best e Messi cominciava il suo regno argentino nella Barcellona catalana. Dieci anni esatti oggi. Dieci
come sono stati Bernardi e Kiraly e come sono Messi e Ronaldo, perché la numerologia è qualcosa di serio e
mistico nello sport come nella vita.
Una vita e una storia di fenomeni e vittorie, del superamento dei limiti, del nulla è impossibile, del
raggiungimento dell’obiettivo superando senza paure tutti gli ostacoli, sia che siano le mani protese a muro
di russi, olandesi, cubani o brasiliani, sia che si tratti di undici uomini arroccati in difesa o di folte barriere a
difesa della porta.
I confini del gioco sfidati continuamente e resi fluidi da invalicabili che erano per un punto decisivo o un gol
risolutore nelle notti dei campioni. La ricerca costante dell’avversario per raccontare se stessi, l’importanza
del gesto che è l’attimo decisivo del genio, quello che sposta l’equilibrio per chiudere una finale mondiale o
di coppa campioni. Tutti tratti questi che accomunano Bernardi e Kiraly, i due pallavolisti del secolo, a
Ronaldo e Messi i due più grandi contemporanei del calcio di oggi.
Nel raccontarli possiamo vedere che ci sono come in due grandi quadri diversi, analogie e punti di contatto.
Lorenzo Bernardi e Ronaldo giocano la partita aggredendola, sfidandola, cercando quasi apposta le difficoltà
per superarle. Vivono entrambi il gioco per chiuderlo, per definirlo e condurlo verso il vento della vittoria.
Glielo hanno insegnato due grandi maestri Julio Velasco e Sir Alex Ferguson, autori lungimiranti di un lavoro
straordinario e difficile, levigare la pietra grezza. E così che due ragazzi sono diventati talenti, poi fuoriclasse
fino a fenomeni. Entrambi antipatici agli avversari, entrambi finalizzatori come i cannoni di Wagram.
Messi e Kiraly hanno creato invece più le traiettorie del gioco. Hanno cercato sempre la costruzione per
aprirsi la finalizzazione. La corsa e il salto, il controllo del pallone e il tiro o la schiacciata per Lorenzo il
magnifico e il re Cristiano. L’acrobazia, la velocità d’esecuzione, la coordinazione e il tuffo, la determinazione
di nuove traiettorie, quelle volute, per Leo e Karch.
Con questi gesti della diversità hanno vinto i loro duelli western rusticani, con Real Madrid e Barcellona con
Urrs e Olanda, i loro grandi avversari. Sì sarebbero stati fenomeni anche in una pellicola di Sergio Leone.

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