di Matteo Quaglini
In questi primi due mesi agonistici con i campionati all’inizio, le super coppe nazionali già giocate, gli europei di pallavolo alle spalle e la Superlega pallavolistica alle prime partite sembra di essere in un western sportivo. Un western alla Sergio Leone da duelli rusticani tra giocatori. Un assaggio, suggestivo, ce l’ha già dato il primo scontro dell’anno, nella Spagna sempre più divisa, tra Ronaldo e Messi. Nella super coppa Ronaldo fu fenomenale e irraggiungibile, oggi nove partite dopo è Messi avanti di 10 gol. E’ questo lo scontro continuo, a-temporale del calcio mondiale. Un altro western è arrivato dalla Polonia. In dieci lunghi e affascinanti giorni, i migliori pallavolisti internazionali hanno giocato l’Europeo forse più equilibrato della storia della pallavolo: i russi dello Zenit Kazan tre volte campione d’Europa che compongono la nazionale, N’Gapeth e Grebennikov numeri uno e fuoriclasse di Francia e ancora L’Italia della tattica e la Polonia campione del mondo. I russi campioni alla fine sarebbero stati i perfetti “cattivi” di una sceneggiatura leoniana. Duri, forti, di nuovo sugli altari dopo quattro anni di polvere.
Un cast formidabile, insomma, tra calcio e pallavolo per un film leoniano. Un western visto le facce e le personalità degli interpreti sullo stile de “Il buono, il brutto e il cattivo” o un lungo piano sequenza da grandi silenzi che preparano l’azione di Ronaldo – De Niro accompagnati dalla pazzia talentuosa alla James Woods dei geniali francesi da parquet in questo grande “C’era una volta l’America” sportivo da Oscar.
Tutte storie che rilanciano, oggi, un’idea suggestiva definita in un racconto letterario da romanzo sportivo, il racconto della generazione dei fenomeni. Tutto nacque in Brasile, nel 1990, quando Lorenzo Bernardi mise a terra l’ultimo pallone della finale mondiale contro Cuba che già si sentiva campione inarrivabile.
In quei giorni a Rosario Messi aveva tre anni mentre Ronaldo al di là dell’Atlantico, cinque. I quattro fenomeni di due sport diversi, aggiungendo Kiraly che in quegli anni imperava col suo magistero pallavolistico, pur distanti si stavano pian piano avvicinando.
L’anno del definitivo abbraccio sarebbe arrivato nel 2007 quando Bernardi smetteva di giocare a Montichiari e Kiraly chiudeva la sua carriera miliardaria e titolata nel Beach volley mentre Ronaldo diventava l’erede di George Best e Messi cominciava il suo regno argentino nella Barcellona catalana. Dieci anni esatti oggi. Dieci come sono stati Bernardi e Kiraly e come sono Messi e Ronaldo, perché la numerologia è qualcosa di serio e mistico nello sport come nella vita.
Una vita e una storia di fenomeni e vittorie, del superamento dei limiti, del nulla è impossibile, del raggiungimento dell’obiettivo superando senza paure tutti gli ostacoli, sia che siano le mani protese a muro di russi, olandesi, cubani o brasiliani, sia che si tratti di undici uomini arroccati in difesa o di folte barriere a difesa della porta.
I confini del gioco sfidati continuamente e resi fluidi da invalicabili che erano per un punto decisivo o un gol risolutore nelle notti dei campioni. La ricerca costante dell’avversario per raccontare se stessi, l’importanza del gesto che è l’attimo decisivo del genio, quello che sposta l’equilibrio per chiudere una finale mondiale o di coppa campioni. Tutti tratti che accomunano Bernardi e Kiraly, i due pallavolisti del secolo, a Ronaldo e Messi i due più grandi contemporanei del calcio di oggi.
Nel raccontarli sono come due grandi quadri diversi, con analogie e punti di contatto. Lorenzo Bernardi e Ronaldo giocano la partita aggredendola, sfidandola, cercando quasi apposta le difficoltà per superarle. Vivono entrambi il gioco per chiuderlo, per definirlo e condurlo verso il vento della vittoria.
Glielo hanno insegnato due grandi maestri Julio Velasco e Sir Alex Ferguson, autori lungimiranti di un lavoro straordinario e difficile, levigare la pietra grezza. E’ così che due ragazzi sono diventati talenti, poi fuoriclasse fino a fenomeni. Entrambi antipatici agli avversari, entrambi finalizzatori come i cannoni di Wagram.
Messi e Kiraly hanno creato invece più le traiettorie del gioco. Hanno cercato sempre la costruzione per aprirsi la finalizzazione. La corsa e il salto, il controllo del pallone e il tiro o la schiacciata per Lorenzo il magnifico e il re Cristiano. L’acrobazia, la velocità d’esecuzione, la coordinazione e il tuffo, la determinazione di nuove traiettorie, quelle volute, per Leo e Karch.
Con questi gesti della diversità hanno vinto i loro duelli western rusticani, con Real Madrid e Barcellona con Urrs e Olanda, i loro grandi avversari. Sì, non c’è dubbio, sarebbero stati fenomeni anche in una pellicola di Sergio Leone.