di Giandomenico Tiseo
‘La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta.’ Lo diceva una ragazzina morta di un campo di concentramento nazista chiamata Anna Frank, salita agli onori della cronaca per un atto senza senso e che definire antisemita è un complimento. Ci riferiamo all’episodio che ha visto coinvolti un gruppo di tifosi della Lazio rei di aver posto degli adesivi sulla foto del celebre personaggio con la maglia della Roma, lasciando “l’opera d’arte” in curva sud. Come è logico che fosse il vespaio di polemiche alzatosi è prossimo all’infinito ma mai quanto la stupidità di questi soggetti. Ora, tutti si chiedono quali potranno essere le conseguenze sulla Lazio, sulle frasi di Claudio Lotito prima della visita alla Sinagoga ecc. Per carità, tutti quesiti interessanti, però forse la verità sta nel porsi questa domanda: il calcio non è un gioco? Domanda banale direte voi ma, nei fatti, non lo è poi così tanto. Se alcuni sedicenti supporters di una squadra sono arrivati a scomodare una figura come la Frank, miscelando divisioni di tifoseria a quelle sociali e religiose, vuol dire che il limite è stato oltrepassato sensibilmente. E da dove nasce questo odio? Semplice rivalità calcistica? Ed il semplice sfottò? Sono tanti gli interrogativi di questa vicenda ed ognuno da osservatore interessato può enunciare la propria teoria. Una chiave di lettura che viene in mente risiede nella comunicazione. Una realtà già storicamente frammentaria quella italiana trova nel darsi in campo di 22 uomini con calzoncini e scarpette un modo per sentirsi più forte e rivalersi di qualcosa: uno spirito di appartenenza, un modo per sentirsi migliori…Diversi i sentimenti che si mescolano e dipingono un semplice darsi ludico in qualcosa di più con le controindicazioni. Contrapposizioni che i social hanno esaltato. Nell’era in cui tutti si sentono in dovere di dire tutto di tutti la cultura disgregante italiana trova terreno fertile nelle più becere fazioni tra Guelfi e Ghibellini in cui la povera Anna “giallorossa” si è trovata ad essere coinvolta. Chissà, forse chi si è reso protagonista di questo gesto scellerato non conosce la storia della ragazza e ciò che abbia rappresentato oppure lo sa e per spirito di protagonismo ha dato in pasto ai media il mostro. Perché? Manie di anticonformismo o il conformismo dell’anticonformismo? Discorsi paradossali, come questa realtà, in un’Italia che si scandalizza di uno stupro solo se l’autore è un immigrato dando un’importanza al calcio spropositata. Del resto, un certo Winston Churchill, a cui ancora non hanno messo alcuna maglia dei Leoni d’Inghilterra, affermava: “Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. A 70 anni di distanza non sembra proprio che le cose siano così cambiate…