Francesco Falzarano
Era il lontano 1995 quando gli 883 cantavano il loro successo “Gli anni”, testo di ispirazione di oggi. Eh già, perché mai come oggi la situazione del Benevento e soprattutto di Benevento è questa. “Stessa storia, stesso posto stesso bar”, citava Max Pezzali. Si stessa storia, perché siamo sempre qui di nuovo a commentare l’ennesima sconfitta del Benevento, la quattordicesima, qualcosa di stantio ormai, un giro di giostra quasi obbligato a cui non vorremmo più assistere. Una partita giocata nel modo giusto, attendendo l’Atalanta e provando a colpire in contropiede, un match che ha messo di nuovo in evidenza la pochezza mentale e tecnica del Benevento, un match in cui in un modo o nell’altro avevi quella sensazione che prima o poi la Dea avrebbe colpito. Stesso posto, già, ultimo in classifica zero punti desolazione più totale, mai accaduto prima d’ora nella storia del calcio. Stesso posto che può indicare anche una città intera, relegata al suo destino, e ormai la storiella “stiamo in serie A c’è la godiamo” non regge più, perché ogni settimana è un vero e proprio supplizio. Stesso bar, perché come di consueto, amici, parenti, ragazzi, anziani si ritroveranno allo stesso posto analizzando con amarezza, tristezza e quel pizzico di sorriso la stagione giallorossa, divenendo tutti allenatori, direttori sportivi e presidenti senza un reale perché.
Detto questo, il punto è che ormai non c’è analisi tecnico-tattica che tenga, non c’è più un filo conduttore e un trait d’union, c’è solo una stagione da portare a termine cercando di non entrare ancor di più nella storia più di quanto il Benevento non ci sia già, anche perché l’altra storia che poteva essere scritta per sovvertire le carte in tavola, al momento è un’utopia e pensare di scriverla sarebbe irrispettoso verso la città. De Zerbi dice che ci crede, e che con il presidente sta parlando di mercato, intanto domenica arriva il nuovo Milan di Gattuso, la salvezza e a -10, e il Benevento resta in ritiro in Lombardia. In città l’aria è tranquilla ma tesa, nella speranza che come detto settimana scorsa vengano fuori gli uomini e la loro umanità in quanto tali e non i calciatori.