I Grandi Derby d’Italia: Sognando l’Europa

Posted By on Dic 11, 2017 | 0 comments


Di Matteo Quaglini

 

Tre giorni dopo la tempesta, la quiete. L’Europa del pallone e quella della pallavolo uscite dai confronti da battaglie campali delle partite internazionali, si rituffano nella quotidianità degli scontri nazionali lasciando però storie e sensazioni che incideranno non poco sulla seconda parte della stagione. E dei campionati nazionali. D’altronde le partite sono così, l’una diversa dall’altra ma tutte in fondo legate tra di loro. Per questo le sfide in Europa lasciano ben scolpiti i loro tratti nelle squadre, perché costruiscono o distruggono una mentalità, perché accendono giocatori sopiti e spengono fulmini di guerra, perché fanno parlare di se anche tre giorni dopo, quando c’è quiete apparente.

Tre giorni fa al Pala Evangelisti di Perugia si è giocata, nella pallavolo, una sfida europea straordinaria: la Sir Perugia di Lorenzo Bernardi vice campione d’Europa contro Civitanova Marche, la Lube campione d’Italia. Intrecci italiani in campo europeo. Campioni che giocano su tutti i campi, proprio come faceva l’esercito napoleonico al tempo dell’Imperatore: combattere in casa e fuori, col vento e la pioggia, col freddo e il sole negli occhi, con i duri alla Sokolov e gli estetici alla Juantorena o i cannonieri alla Atanasijevic per uscire dalla metafora.
Tre giorni dopo la tempesta di Perugia e mentre contemporaneamente l’Europa del pallone definiva le qualificate al primo turno ad eliminazione diretta sia in Champions che in Europa League, c’è ancora forte nell’aria il tratto del primo racconto europeo dell’anno: la sfida internazionale tra squadre italiane, nel calcio come nella pallavolo.
Le coppe europee nei due sport sono nate pressoché negli stessi anni, la metà dei cinquanta per entrambe le Coppe dei Campioni e il 1972 per quelle che oggi sono la coppa Cev e l’Europa League, i tornei UEFA delle rispettive Federazioni europee. Vicini anche se così diversi questi tornei per sviluppo del gioco e geografia delle squadre più grandi.
Vicini e fratricidi nella storia delle squadre italiane. Grandi finali e turni eliminatori emozionanti e tattici, strategici ed equilibrati, proprio come Perugia-Civitanova di tre giorni fa. Avanti 2-0 i campioni sembravano in controllo, un’ora dopo stringevano la mano a quelli di Perugia capaci di non arrendersi mai e vincere esattamente come faceva, da giocatore, il loro allenatore Lorenzo Bernardi rompendo, azione dopo azione, le linee a forza di colpi variati, di aiuti a muro, di intuizioni tatticamente perfette.
Come tatticamente perfette sono sempre state le partite di calcio tra italiane in Europa. L’equilibrio tra le due migliori squadre di pallavolo italiane ha ricordato lo stesso equilibrio teso alla grandezza dei dettagli tattici di Roma-Inter del 1991 e Juventus-Parma del 1995, finali di UEFA. La potenza di Matthaus nel tirare a Milano il rigore che poi valse la coppa fu la stessa del braccio caldo di Atanasijevic Atanasijevic capace da solo di battere una Lube ferma come i soldati di sabbia dell’imperatore giapponese. La forza della difesa nel raccattare palloni di Grebennikov e Taylor Sander totem per Civitanova della filosofia dell’impossibile come realizzabile hanno ricordato la granitica difesa a cinque Bennarrivo-Apolloni-Grun-Minotti-Di Chiara del Parma di Nevio Scala capace di fermare sul pareggio la Juventus del tridente Vialli-Ravanelli-Del Piero e di vincere la coppa UEFA in una sfida infinita su tre fronti.
Appunto, tre fronti. Come abbiamo raccontato le partite europee si ritrovano in quelle nazionali e viceversa. Esempi? Anno 2012. Cev Champions League. La coppa dei Campioni della pallavolo. Tre, nemmeno a farlo apposta, le squadre italiane: Trentino, Cuneo e Macerata. Due derby e Trentino, la più grande squadra del momento, campione del mondo, vincitrice della coppa Italia e della super coppa italiana, incredibilmente detronizzata dal trono europeo.

VOLLEY PALLAVOLO FINALE SCUDETTO V-DAY 2012.  LUBE BANCA MARHE MACERATA - ITAS DIATEC TRENTO.
Il re Matej Kazijski senza scettro come la Lazio del 1998 più forte dell’Inter ma a Parigi nella finale dell’UEFA con un Ronaldo ronaldo-inter in meno. Avversari meno quotati, solo sulla carta, che recitano il ruolo di Davide contro Golia raccontando l’imprevedibilità del gioco come il Piacenza di Zlatanov, Tencati e Semenzato contro la Lube e Trentino o il Cagliari del 1994 contro la Juventus e l’Inter.
Ci sono state grandi partite noir alla Alfred Hitchcock, alla Agatha Christie. La finale della Champions 2003, l’unica tutta italiana della manifestazione, tra il Milan e la Juventus le due squadre del quindicennio ’91-‘2006 decisa ai rigori dopo una sequela di errori alla “Nodo alla gola” dello zio Alfred, fu bellissima nel pathos finale come la semifinale di coppa campioni tra Treviso e Modena del 1996.
I quattro dell’ave Maria di Velasco, Gardini-Zorzi-Bernardi e Paolino Tofoli, come lì definì il grande giornalista Leo Turrini contro Modena del giovane e già grande Daniele Bagnoli. Vinse Modena al tie-break con l’ultimo punto dentro-fuori contestatissimo e polemico.
Come polemica e carica di gioia fu la corsa di Carlo Ancelotti dopo il rigore della vittoria di Sheva. Una liberazione verso chi lo aveva abbandonato nei modi e nell’anima. Una rivincita verso Richelieu Moggi. Come rivincita fu, seppur non con tratti polemici, quella di Vullo e Bracci sui compagni di nazionale e sull’arroganza genuina di Montali.
Partite tra grandi allenatori da Stoychev a Giuliani, Da Monti a Trapattoni, da Lippi a Montali. Partite tra compagni di nazionale. Partite tra campioni stranieri che rappresentano forza Matthaus e Atanasijevic, o che raccontano classe Grbic e Baggio, o avventura N’Gapeth e Mancini. Partite tra fratelli che racconteremo viaggiando tra le città da battaglie campali: dalla Ravenna americana alla Parma di Giani, Zorzi, Brolin e Melli da Torino a Milano, a Roma. A oggi che i campioni si chiamano Higuain, Christenson, Nainggolan e Luis Alberto, Zaytsev e Pianjc.
Tre giorni dopo gli scontri europei si gioca all’interno dei confini. Su questi confini scriveva Shakespeare: “Oggi la fortuna mia cara sposa ha portato qui, i miei nemici”. L’opera teatrale si chiamava “La Tempesta” chissà se lì, in una sperduta isola del Mediterraneo si trattava di una partita di calcio o di pallavolo.

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