di Matteo Quaglini
Arriva dall’Est, il loro vento. Caldo e carico di una storia affascinante. Noi quando lì incontriamo la prima volta abbiamo un fremito, sentiamo il calore di un mondo carico di sapere. E’ una sensazione strana all’inizio, affascinante nel mentre, coinvolgente alla fine quando le nostre idee si incontrano con le loro. Nella diversità. E’ l’interpretazione opposta che danno loro delle cose della vita, loro gli uomini dell’Est Europa.Una volta arrivati in Occidente, pensano e osservano. Guardano e ragionano. Conoscono e poi decidono di chi fidarsi, di chi fronteggiare nella lotta della vita, di chi ascoltare e, nello sport che vale uno spaccato della vita, con chi giocare e per quale fine.
I giocatori di calcio e di pallavolo dell’Est Europa sono così, riflettono e tutto sanno dietro quei grandi occhi che tutto vedono. I sorteggi del calcio ci hanno portato il vento caldo dell’Est. La Lazio incontrerà quello rumeno del mito appassito di Bucarest, la Steaua. La Roma ritroverà, come nel 2011, quello tagliente di Donetsk vento vincente della migliore squadra dell’Est di oggi, lo Shaktar. Il Milan o quello che ne rimane viaggerà fino in Bulgaria per conoscere Razgrad e affrontare il Ludogorets capace di eliminare l’Hoffenheim, di uscire imbattuto da Instanbul, la città porta-bandiere di vecchie lotte con l’invasore turco, e di vincere a Braga in portogallo.
Eccoli dunque i bulgari, col loro coraggio deciso e il loro cuore grande. Il calcio e la pallavolo ce li hanno raccontati magistralmente qui in Italia. I ragazzi nati a Sofia: Ljubomir Ganev, Matey Kaziyski e Radostin Stoychev, protagonisti di mille battaglie pallavolistiche sui campi d’Italia. Il “lupo” Ganev scherzoso ma anche vincente come un altro grande personaggio della Bulgaria lo Zar Simeone, simbolo della libertà di un popolo. E’ stato Ljubomir l’alterego positivo di un grandissimo bulgaro che in Italia non ebbe il successo che meritava, Hristo Stoichkov da Plovdiv passando per Barcellona.
Il grande Hristo aveva nelle gambe quello che il mito Ljubo aveva nelle mani, la potenza e il controllo dell’azione. Due attaccanti nati, due leader, due campioni. Due destini diversi: grande tra Spoleto e Cuneo quello di Ganev, controverso non poco quello di Stoichkov nella Parma grigia del 1996.
Noi contro di loro e loro contro di noi abbiamo giocato partite epiche: la sfida a Roma tra Italia e Bulgaria a pallavolo, nel 1976, quando Gianni Lanfranco un fuoriclasse di Torino bloccò a muro Dimitar Zlatanov un fuoriclasse bulgaro portandoci all’Olimpiade, ed eliminando così i grandi maestri fino ad allora imbattibili.
Nel calcio vivemmo questo parallelo nel 1994: quando Baggio Roberto con due gol in assolo sconfisse la mitica Bulgaria di Stoichkov, Balakov e di altri pirateschi interpreti capaci di battere, Francia, Argentina e Germania.
Oggi in Italia c’è Stoychev che sta ricostruendo Modena con le stesse idee, grandi, di come costruì Trento campione d’Italia e d’Europa grazie allora ad un altro grande bulgaro Kaziyski che attaccava come il grande centravanti dei mondiali 1966 Gergi Asparukov. E c’è Cvetan Sokolov l’opposto di Civitanova che sta giocando in questi giorni per diventare campione del mondo per club, in Polonia.
Il vento di Bucarest è malinconico. Le vecchie grandezze sono nei sogni che furono. Le vecchie vittorie storie divenute leggende e non più cronaca. Nel calcio come nella pallavolo. La Steaua che la Lazio affronterà non è più quella del 1986-89, quella che con Helmuth Duckadam e Gherghe Hagi ipnotizzò il Barcellona negli undici metri della gloria o quella che fu battuta dal Milan sempre a Barcellona, perché la storia come la vita ha sempre un punto dove unisce tutto e tira le somme.
La Steaua di oggi del portiere Nita, del capitano ventunenne Florin Tanase è come la nazionale di pallavolo rumena, tutta da scoprire. Il mito di Hagi o quello di Stelian Moculescu grande giocatore della Romania vice-campione del mondo degli anni ‘60 e vincitore in Germania di scudetti e coppe dei campioni della pallavolo, sono come i quadri dell’Impero Napoleonico del David un dolce, lieve e struggente ricordo.
Dall’Ucraina il vento arriva tagliente. La politica internazionale certo la fa da padrone, anche se qui in Occidente come sempre ne sappiamo poco, ma anche il calcio regge con lo Shaktar. La migliore squadra dell’Est Europa, l’erede della Steaua e della Stella Rossa di Belgrado.
Un misto tra giocatori dell’Est dal portiere Pyatov al capitano Darijo Srna e giocatori brasiliani come Fred, Dentinho, Bernard, Taison. Gli stessi, tutti insieme, che hanno eliminato il Napoli e battuto l’invincibile Manchester City di Guardiola.
Gli ucraini di oggi giocano “forte e duro” come quelli di ieri. E’ l’eredità che hanno lasciato i grandi della sua storia da Shevchenko a Blochin a Oleg Molibonga uno dei più grandi e vincenti pallavolisti di tutti i tempi, nato a Dnipro e campione assoluto, per anni, con l’Urrs di Savin e Platonov. Attenzione a definirla comoda questa sfida, ad esultare solo perché non c’è scritto Real Madrid. Questa è gente dura, che si è formata da sola, non regalerà, e lotterà come si deve sempre fare nella vita e nello sport.
Dall’80 ad oggi li abbiamo spesso battuti questi miti del gioco. Sovvertendo così come nelle storie che nascono male e poi si trasformano, pronostico e finale. Le vittorie del Milan contro la Steaua nel 1989, della Kipplan Torino nel 1980 contro gli allora cecoslovacchi della Stella Bratislava, della Zinella Bologna e della mitica Maxicono Parma di Stork, Zorzi, Giani e Renan in coppa delle coppe tra il 1985 e il 1989 contro il Levski Sofia, fino alle vittorie delle nazionali hanno una morale.
Noi abbiamo vinto ribaltando la loro scuola che era, in entrambi gli sport, l’ombelico del mondo dagli anni ’30 ai ’60, noi abbiamo vinto dicevamo imparando da loro e loro mentre noi vincevamo ci insegnavano come prendere una cosa più grande che una sola partita, come prendere la vita.