di Giovanni Rosati
Il Torino ha comunicato in giornata l’esonero di Sinisa Mihajlovic dalla panchina della prima squadra e il subentro immediato di Walter Mazzarri alle redini tecniche dei granata.
Nel derby di Coppa Italia di ieri, Mihajlovic era andato su tutte le furie. L’arbitro Doveri, dopo aver visionato personalmente l’episodio grazie all’ausilio della VAR, aveva convalidato il gol del raddoppio bianconero nonostante esso fosse nato da un intervento duro, e a parere del serbo indubbiamente scorretto, di Khedira su Acquah. Ne erano scaturite proteste furibonde del tecnico, che era quindi stato allontanato dal campo dal direttore di gara.
Dopo il fischio finale, Mihajlovic non aveva neanche voluto presiedere la conferenza stampa post-partita. In sua vece si era presentato Attilio Lombardo, vice-allenatore del Toro, che aveva dichiarato: “Sinisa era troppo frustrato, quindi ha inviato me per commentare la gara”.
Il tecnico si era invece diretto nella stanza di hotel nella quale vive, determinato a evitare nuove esplosioni pubbliche di collera o gesti plateali di cui si sarebbe potuto pentire in un secondo momento. Eppure è proprio nel suo nido sicuro che Miha ha ricevuto il colpo di grazia. All’una di notte il telefono squilla, è il ds granata Petrachi. Il presidente Cairo gli aveva affidato l’ingrato compito di esonerare il mister. All’una di notte nella stanza d’hotel di Mihajlovic cala la notte più buia.
È evidente che l’esonero non sia arrivato a causa del risultato dello Juventus Stadium. Il Toro è effettivamente uscito dalla TIM Cup, ma contro i concittadini, reduci da sei scudetti, tre Coppe Italia e due finali di Champions League negli ultimi sei anni.
Potrebbe aver influito sulla decisione maturata da Cairo la reazione plateale in campo avuta dall’allenatore, non nuovo a simili moti d’impeto, al momento della convalida del gol di Mandzukic. Ma non avrà probabilmente avuto un ruolo determinante nella faccenda.
Nei pensieri del presidente granata c’era più probabilmente la delusione per delle aspettative che non hanno trovato riscontro nel percorso in campionato della sua squadra. Al giro di boa, il Torino è decimo, perfettamente a metà classifica, e detiene il record di pareggi in questa stagione. I venticinque punti collezionati finora in campionato dai granata sono infatti frutto di dieci pareggi e sole cinque vittorie. A Cairo non saranno andate giù neanche le rimonte subite da Hellas Verona e SPAL, entrambe neopromosse ed entrambe capaci di recuperare ben due gol ai granata.
Nel primo pomeriggio in casa Torino è arrivata invece l’ufficialità di Walter Mazzarri come nuovo allenatore. Risolto l’accordo economico che lo legava al Watford fino al 2019, il tecnico toscano ha firmato per due anni e mezzo con il club granata. Mazzarri avrà la possibilità d’esser seguito dai suoi uomini più fidati come il suo vice, Evaristo Beccalossi, per intraprendere un nuovo percorso in Italia dopo l’altalenante esperienza inglese.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è: come giocherà il Toro di Mazzarri?
Il tecnico nativo della provincia di Livorno ha dimostrato di avere una propria versione di calcio più o meno rigida, e di cercare di metterla in pratica ovunque abbia allenato. Tant’è che spesso ha chiesto e ottenuto dalle società in cui approdava l’acquisto di giocatori già calati nella sua concezione di fare calcio, come Campagnaro, Maggio, Britos o Aronica,
Il fatto che i quattro nomi appena citati siano dei difensori (e un esterno di centrocampo utilizzato in carriera anche da terzino) non è assolutamente casuale.Pilastro fondamentale del sistema di gioco di Mazzarri è sicuramente la difesa a tre. In tutte le sue esperienze ad alto livello, a parte la recente stagione con il Watford, questa è stata una certezza assoluta. Poteva schierarsi col 3-5-2, col 3-4-2-1, col 3-4-1-2, ma la base di partenza era sempre e invariabilmente la presenza di tre difensori.
Questo è il primo argomento di interesse che nasce dal nuovo matrimonio tra il tecnico e il Toro, squadra abituata a schierarsi con una difesa a quattro. È dunque possibile, ma non ovvio, che Mazzarri scelga di conservare l’assetto difensivo della formazione torinese nelle prime uscite per poi imporre con il tempo e con l’allenamento il proprio pensiero di gioco.
In quella zona del campo il Torino non dovrebbe avere grandi difficoltà, data la presenza di giocatori esperti come N’Koulou, Burdisso e Moretti, ma anche di giovani promettenti quali Lyanco e Bonifazi (che potrebbe però tornare in prestito alla SPAL in questo mercato).
De Silvestri, Ansaldi, Barreca e Molinaro offrono invece un pacchetto di laterali già pronto all’uso (anche se un po’ fragile fisicamente). Avendo giocato sia a due che a tre sulla linea di centrocampo con Mihajlovic, i calciatori granata non dovrebbero avere poi grandi difficoltà nell’adattarsi al nuovo modulo, che sia il 3-5-2, il 3-4-2-1 o il 3-4-1-2.
La curiosità maggiore riguarda invece proprio il reparto offensivo. Belotti è tra i migliori attaccanti italiani e, quando non è KO per infortunio, la sua titolarità non può esser messa in discussione. Niang è una giocatore che Mazzarri ha già allenato a Watford, dove ha collezionato ben 16 gare complessive nei sei mesi di permanenza, realizzando due reti e due assist. Ljajic è un giocatore che pecca di discontinuità, ma che è in grado come nessuno di far fare il salto di qualità al Toro, mentre Iago Falquè è il più in forma di tutto il pacchetto avanzato, con sette reti all’attivo in questo campionato.
Analizziamo le conseguenze che l’adesione a ognuno dei tre sistemi di gioco precedentemente elencati potrebbe avere sul reparto offensivo granata:
3-5-2: il modulo favorirebbe probabilmente Belotti (che comunque quando in forma non può esser messo in discussione) e Niang, attaccanti a tutti gli effetti, anche se con caratteristiche molto diverse. Ljajic e Iago sarebbero invece adattati in una posizione così avanzata, e sarebbe in ogni caso un peccato dover scegliere di mandare in panchina almeno uno dei due ogni volta. Per ovviare a questa situazione Mazzarri potrebbe addirittura scegliere di adattare Iago da laterale o da mezzala, costringendolo però ad allontanarsi dall’area avversaria e riducendone esponenzialmente la pericolosità.
3-4-2-1: potrebbe essere il più adatto alle caratteristiche dei giocatori del Toro. Belotti potrebbe giocare da punta centrale, mentre Ljajic e Iago lo sosterrebbero qualche passo più indietro, spinti dalla voglia di titolarità di Niang a dare il meglio di loro stessi.
3-4-1-2: con questo sistema di gioco si potrebbe posizionare Ljajic in una zona nevralgica del campo, dove ha dimostrato di sapersi comportare egregiamente, e affiancare a Belotti uno tra Iago (favorito anche se leggermente fuori ruolo) e Niang.
A sorpresa: la difesa a 4. Chissà che Mazzarri non possa stupire tutti e continuare sulla scia inglese, schierando a rotazione sistemi di gioco quali il 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-1-4-1, il 4-5-1 e il 4-3-2-1.
In questa analisi non si prendono in considerazione due questioni che potrebbero però rivelarsi di grande importanza: l’equilibrio e il mercato invernale. Innanzitutto la scelta del modulo non può ovviamente esser compiuta solo in funzione di valorizzare i propri attaccanti, ma nel tentativo di dare un assetto solido ed equilibrato agli undici sul terreno di gioco. L’avvicendamento sulla panchina granata è poi avvenuto quasi in contemporanea con l’apertura del calciomercato e non ci sarebbe potuta essere occasione migliore per avviare un nuovo progetto tecnico a stagione in corso. Il mercato potrà influire sulla costruzione del nuovo Torino tanto in entrata quanto in uscita. Oltretutto, come già accennato, Mazzarri è spesso approdato nel suo nuovo club assieme a qualche “fedelissimo”, e chissà che non si voglia togliere lo sfizio anche stavolta.