Matteo Quaglini
Hanno vinto i più forti. Hanno vinto i più agguerriti di vittorie. Hanno vinto i più abituati a corteggiare e poi sposare il trionfo. Hanno vinto la Coppa dei Campioni, il trofeo dei sogni, delle stelle e dei campioni. Hanno vinto il Real Madrid di re Cristiano e dei suoi alfieri aristocratici, i “caudillos” Modric, Isco, Bale, Sergio Ramos e ha vinto due settimane fà il grande orso russo chiamato Zenit Kazan, nella final four di Champions di pallavolo giocata fra le inattaccabili mura di casa.
Due vittorie diverse eppure uguali che accomunano le migliori squadre d’Europa nel calcio e nella pallavolo nel segno della bramosia per il successo, dell’unico scopo dei loro passaggi, dei loro tiri, delle loro schiacciate, la vittoria imperitura. Il Real Madrid, immortale per antonomasia, ha vinto la sua coppa giocando il calcio che conosce ed esporta, quello delle grandi individualità, della determinazione, del gesto tecnico assoluto e risolutore. La rovesciata di Bale è stato il manifesto di una squadra che gioca il suo foootball carico di storia, di rimandi continui a Don Santiago Bernabeu che lo volle così come Filippo II volle Escorial e il “Siglo de Oro”. Un pallone che arriva, un’idea che va fuori dagli schemi, “palabra” eretica quest’ultima nel palio madridista e un giocatore gallese che decide per una soluzione alla Di Stefano, alla Zidane, alla Hugo Sanchez, alla Butragueno, alla Cristiano, un gol che li racchiude tutti, come se la leggenda della migliore squadra del mondo si perpetuasse di partita in partita, di finale in finale, di azione in azione.
E’ come se fosse sempre lo stesso Real quello delle “cinco copas” degli anni ’50 e primi ’60 a giocare una eterna finale contro il meglio del calcio europeo. Una squadra di Highlander che col suo gioco tutto incentrato sulla tecnica, cerca di difendere la conquista più grande di Don Santiago: la grandezza.
La finale di Kiev è andata, ancora una volta, così: gioco iniziale migliore della Red Army poi, di colpo, la capacità del Real di sfruttare i momenti. L’uscita di Salah dopo il contrasto con un “pizzarista” come Sergio Ramos, il gambone di Benzema che infilza Karius con un gol alla Peirò, su una ingenuità del portiere cioè. E ancora la rovesciata di Bale, il miglior giocatore della liga nel gioco acrobatico.
Tutte foto, tutte immagini che sintetizzano il metodo con cui il Real Madrid “gana” come direbbero i figli della Spagna Castilliana: il metodo di carpire l’attimo, il carpe diem, il momento fuggente alla professor Keating, che diventa vincente.
Anche l’orso russo che dorme, in quel di kazan, silente ma consapevole di se vince così. Niente spettacolo, niente preziosismi, poca tattica e tanta forza nell’attaccare anzi bombardare da ogni posizione del campo l’avversario. I quattro volte consecutivi campioni d’Europa della Champions di pallavolo stavolta se la sono dovuta sudare la vittoria, perchè il concetto di successo viene prima di quello di sudore (lo sforzo per raggiungere l’obiettivo) solo nel vocabolario come recitava una vecchia massima. E con questa massima si sono presentati a Kazan i giocatori della Lube Civitanova Marche, capaci di lottare punto a punto e di mettere nell’angolo, una volta in vantaggio 2 set a 1, il bestione russo che recita nella partite come recitavano, nella vita politica, Pietro il Grande, Alessandro I, Caterina di Russia e Stalin, con la sicurezza cioè che nessuno li sposterà dalla difesa della vittoria. Gli altri attaccano per primi, i russi aspettano e poi colpiscono e nel farlo tirano forte e potente la palla. Otto partite di coppa campioni otto vittorie, la differenza con il Real è qui: Cristiano e i suoi hanno lasciato il loro scalpo a Londra contro “l’uragano” kane, in casa con la Juventus e ancora quasi al Bernabeu nella tesa semifinale col Bayern Monaco dal cuore bavarese. Piccole crepe che, alla fine nella notte di Kiev, hanno reso più lieve la vittoria.
I russi no. I russi rullano gli avversari senza comprensione, senza passione, senza apparente cuore. Così hanno battuto il Tolosa, i polacchi del Wegiel, i tedeschi dello Charlottenburg, i campioni d’Italia di Perugia e gli ex-campioni di tutto di Civitanova in finale. Otto partite, otto vittorie e solo 5 set perduti: un mantra, un cannibalismo alla Merckx. Un modo di vibrare il colpo alla Foreman, preciso e secco.
Real Madrid e Zenit Kazan si somigliano: fredde come il grande squalo bianco, determinate come gli hidalgos e i cosacchi, inattaccabili per anni come l’Impero romano di Augusto. Diverse e simili. Diverse perchè il Real racconta nelle vittorie di Parigi, di Monaco di Baviera, di Torino la sua storia leggendaria di squadra ambasciatrice del football tecnico mentre il Kazan schiacciata dopo schiacciata racconta il suo presente senza cercare paragoni con la più forte squadra di pallavolo per club della storia: il Cska Mosca.
Simili perchè Ruslan Olichver, grande giocatore del passato, racchiude in se per stile di gioco la magia della “Quinta del Buitre”.
Perché Maksim Michajlov e Wilfredo Leon sono Cristiano Ronaldo e Gareth Bale. Perchè, anche se il croato è un fuoriclasse e il palleggiatore no, Aleksandr But’ko nelle finali gestisce la regia come fà Modric. Simili, perchè 6 Champions ha il Kazan, 13 il Real, 5 re Artù Cristiano. Simili perchè capaci della vittoria più grande: rivincere, sempre.