Matteo Quaglini
Cade all’ultimo minuto il Tottenham a San Siro, ieri, e cade per mano della sua nemesi: le carenze sul gioco aereo. Dopo aver controllato per ottanta minuti la partita di fronte ad un’Intercomunque attenta sul piano tattico con il suo possesso palla verticale, la squadra di Pochettino ha nuovamente messo in mostra il suo tallone d’Achille, fin lì ben mascherato dal geometrico palleggio di Eriksen, l’inconsistenza difensiva nel contrastare i palloni alti.
Più volte vicino al raddoppio con Lamela il Tottenham ha come dimenticato, nei minuti finali che decidono le partite, la cura dei dettagli, la copertura delle corsie laterali, la lettura delle traiettorie avversarie. E così facendo ha liberato la corsia sinistra all’Inter, quella presieduta da Asamoah. Il ghanese l’ha messa sul piano della forza e della spinta e ha crossato un pallone arretrato e alto verso il limite dell’area dove era posizionato, senza marcatura, Icardi. Coordinarsi, prendere la mira, impattare con il collo del piede destro dopo aver fatto perno con il sinistro è stato un tutt’uno: gol dell’Inter e grandi incertezze tecniche e psicologiche per il Tottenham.
La chiave della partita d’esordio d’italiani e inglesi nel gruppo B della Champions è tutta in quest’azione, una giocata caratterizzata dal primo cross buono interista di tutta la partita. Una giocata che lo schieramento dell’Inter, seppur ordinato tatticamente, aveva impedito nel primo tempo per la posizione da esterno destro basso di Skriniar e la scelta di Politano al posto di Candreva, un brevilineo per un crossatore. Il Tottenham respirava e amministrava il gioco nascondendo a se stesso la sua paura per il gioco aereo. Una paura tornata a galla, come i mostri marini che nell’immaginario letterario appaiono all’improvviso ad aggrovigliare la nave, a dieci dalla fine quando l’Inter ha finalmente capito come doveva attaccare questa squadra inglese piena di talento, ma priva di forza nei contrasti.
Così il Tottenham si è fatto mettere all’angolo sugli esterni – presieduti nel finale da Candreva e Keita – azione dopo azione e benché tutti i cross dell’Inter fossero o troppo lunghi o troppo alti, né Dier né Dembelé hanno saputo chiudere lo spazio, contrastare, sporcare l’idea di gioco degli spallettiani. La psicologia di gruppo si è quindi fusa con la necessità tecnica del momento interista: vedendo il Tottenham incerto difensivamente su quell’idea di giocata, i centrocampisti e gli esterni alti dell’Inter hanno insistito nel ricercarla e, pur se sbagliando quasi sempre, hanno minato le certezze della squadra di Pochettino.
Il Tottenham, pur giocando meglio complessivamente, ha perso perché ha portato dentro la sua aerea la batteria di saltatori interisti senza avere a disposizione un’adeguata contraerea. L’ultimo calcio d’angolo è stato la sintesi perfetta di una battaglia tecnica persa nella testa e nella concentrazione prim’ancora che nel duello tecnico.
Palla alta, mucchio in area, riferimenti subito persi, rincorsa sul primo colpitore De Vrij e doppio colpo di testa degli avversari, centrali inglesi tagliati completamente fuori dalla possibilità d’intervento. La somma di tante inesattezze e imprecisioni fa l’errore. E, fa anche, l’impossibilità di reagire all’intervento decisivo: l’inserimento di uno specialista come Vecino.
Niente contraerea e niente controllo della partita. Le paure della vigilia si palesano e ribadiscono la difficoltà maggiore dell’estetico Tottenham d’inizio stagione, quando il pallone si alza sono dolori e i centimetri sopra il 1,80 non bastano più per difendere. Se non c’è elevazione, tempo, lettura è tutto vano. Le trame intessute diventano flebili, gli scambi astratti e non realistici, il gol del vantaggio illusione e non concretezza di superiorità.
La prima partita di Champions del Tottenham rinforza i vecchi difetti e allontana, ancora, i miglioramenti: nella sostituzione di Kane c’è stata la mancanza della cura dei dettagli. Una squadra debole e insicura sui cross e nel gioco da fermo avrebbe potuto usufruire meglio del suo unico colpitore di testa di qualità.
Un errore grande da parte di un allenatore bravo e preparato come Pochettino che togliendo il capitano ha tolto l’unico giocatore in grado di contrastare Vecino, il colpitore da Champions.