Un’opinione certamente minoritaria ma che può aprire una discussione
di Rodolfo Arcudi
“Ho detto solo la verità”, Totti apodittico, autoreferenziale come può essere solo un campione unico, una sincerità che squarcia le nuvole sopra la società giallorossa per illuminarne le miserie terrene, senza ipocrisie a costo di gettare benzina su un fuoco sempre acceso in questa città, Totti un po’ Lucifero ed un po’ Nerone, comunque ed inevitabilmente sempre al centro della scena.
L’impossibilità di non essere protagonista, il bisogno dei riflettori dell’ex capitano della Roma, lo fanno sembrare più desideroso di sedere nel consiglio di amministrazione di un’immaginaria società Wanda Nara srl, social a responsabilità molto limitata, piuttosto che in quello dell’AS Roma.
Anche gli innamorati più persi alla fine si stancano quando il partner di una vita ti continua a rinfacciare che per te ha perso chissà quali grandi occasioni, senza ricordare di aver evitato anche il rischio di perdersi lontano dalla culla della sua unica cultura; un tifoso romanista che ha amato la sua squadra prima di Totti avrà sempre come capitano Agostino e come primo campione del Mondo quel Bruno Conti da cui dovrebbe trarre realmente ispirazione, prima che da Monchi, per fare il dirigente della squadra della sua vita e quindi, a malincuore e per il bene di tutti, se non è possibile avere un progetto in comune è meglio separarsi.
La verità può essere ripresa da diverse angolazioni, il rumore suscitato da questo libro che, purtroppo, ha silenziato anche il derby cioè il massimo del calcio giocato, non potrà non avere eco in altre verità degli altri personaggi coinvolti, verità urlate o taciute; attendiamo non impazienti altre puntate di questo “The Affair” in chiave giallorossa.