Alla fine di partite come questa è fatale che si apra l’eterna discussione sul bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, è facile parlare delle firme che avresti messo alla vigilia sul pareggio ma quando al 93esimo sei ancora avanti 1-0 della vigilia ti sei bello che scordato, e veder tutto evaporare all’ultimo respiro così ti rode enormemente.
Detto questo, pareggio giusto per quello che si è visto in campo, la squadra rossonera ha saputo soffrire e ricompattarsi facendo fronte alle numerose assenze con spirito di sacrificio e applicazione, mostrando voglia di lottare e abnegazione in tutti gli undici schierati, alcuni dei quali palesemente adattati in ruoli non abituali.
Tra qualche mese magari scopriremo che questo punto conquistato in trasferta con le unghie e con i denti contro una rivale diretta potrebbe rivelarsi decisivo nella corsa all’agognato quarto posto, ora si sbrighi in fretta la pratica Dudelange e si metta la massima concentrazione per il lunch match di domenica prossima col Parma, in cui vincere sarà davvero fondamentale.
Il pareggio di ieri sera all’Olimpico, a conti fatti, è il risultato corretto che doveva maturare tra Lazio e Milan, con i rossoneri coriacei e beffati nella loro zona, quella dove hanno preso ben sei punti. Ma con una squadra ridotta all’osso, essere andati vicini alla vittoria è certamente un segnale fortissimo. Il Milan sa soffrire ma anche colpire quando ne ha l’occasione. C’è un po’ di rammarico, è vero, ma tutti i milanisti avrebbero firmato per un pareggio contro la Lazio e questo punto va tenuto stretto. Anche perché, riguardo alle sostituzioni (argomento bollente nel post partita fra vice premier e allenatore), Gattuso non se l’è sentita di toccare gli equilibri della squadra e, a conti fatti, probabilmente ha avuto ragione. Ma qui si riapre il discorso del mercato, laddove si parla delle alternative di qualità che servono in tutti i ruoli. Vanno presi a gennaio quei giocatori che servono, compatibilmente con quella che sarà la decisione dell’Uefa, perché oltre a Paquetà, ne dovranno arrivare almeno altri tre.
Uno di questi sarà Zlatan Ibrahimovic. L’accordo per lo svedese è totale tra le parti, mancano davvero pochi passi per far si che il suo ritorno si concretizzi. Se ciò dovesse accadere, finalmente Gattuso avrà a disposizione un parco attaccanti con il quale poter programmare delle rotazioni che permettano anche a Higuain, ogni tanto, di partire dalla panchina. Perché in caso di approdo di Zlatan a Milanello, non dovrà essere perso quel patrimonio tutto milanista rappresentato da Patrick Cutrone, che anche ieri si è fatto un mazzo così da solo, in balia di tre difensori e con pochi palloni da poter giocare. Certo, questo non vuol dire che non debba crescere ancora, anche perché a 20 anni, lui stesso, non si considera arrivato. Ma non va affossato. Ibra e Higuain sono due totem ed è normale che possano partire davanti. Lo svedese potrà essere un valore aggiunto anche per la crescita di Cutrone.
C’è da ammettere che in tanti siamo stati troppo precipitosi nell’etichettare Bakayoko. Il francese, criticato apertamente nelle scorse settimane, da quando ha trovato continuità nel centrocampo a quattro, è un altro giocatore. Sicuro, cattivo, dinamico (ieri tra i migliori in campo). Un’evoluzione che ha sorpreso quasi tutti. Se si ripensa alla sua prestazione con il Betis a San Siro o col Genoa e lo si guarda ieri all’Olimpico, sembrano due giocatori diversi. Ora Leonardo, tra una trattativa di mercato e l’altra, pensi a come abbassare il diritto di riscatto fissato a 40 milioni dal Chelsea la scorsa estate. Infine, riguardo Milinkovic-Savic e i contatti estivi con i rossoneri fatti riemergere con forza dal Corriere della Sera nei giorni scorsi ci sarebbe la conferma di come in estate il Milan ci abbia provato seriamente ma Lotito abbia declinato non senza difficoltà; difficile dire se ci sarà un ritorno di fiamma, ma oggi il serbo, probabilmente, non vale più quei 120 milioni chiesti dal patron laziale pochi mesi fa…ma rappresenta ancora in potenza uno dei migliori centrocampisti in Europa, quindi non poniamo limiti alla “provvidenza americana”.
Francesco Morasso