Giovanni Rosati
Storico record eguagliato dall’Inter di Luciano Spalletti, che con lo 0-1 subito al Meazza chiude le prime tre partite del nuovo anno senza aver segnato neanche una rete, proprio come non accadeva dal lontano 1956. Risale infatti al 29 dicembre scorso l’ultimo gol nerazzurro, segnato al Castellani da Keita, mentre da allora sono arrivati un pareggio a reti bianche col Sassuolo e le sconfitte per 1-0 nella Torino granata e infine col Bologna. E se la squadra ha mantenuto la terza piazza, definirle sconfitte indolori è mancarne il reale inquadramento. Perché se dopo Natale l’Inter era a -5 dal Napoli secondo e a +7 dai cugini del Milan quinti, adesso i punti di distanza dagli azzurri sono diventati ben 11, mentre quelli dai rossoneri sono scesi a 4. Il dolore si sente.
È bastato un calcio d’angolo ben battuto da Pulgar sulla testa di Santander, staccatosi dalla marcatura di De Vrij e giunto a colpire incontrastato sul primo palo, a metter ko la formazione di Spalletti. Ma la differenza di tasso tecnico deve farsi sentire in queste partite, e così non è stato. Tanti errori nella circolazione, tanti anche sotto porta. Come quello di Vecino, quello di Lautaro, ma soprattutto come quello di Icardi. Quando un centravanti viene percepito come un fuoriclasse, se ne dicono due cose. Che “non perdona”, perché alla prima sbavatura della difesa avversaria punisce trovando il gol, e che “sente la porta” senza il bisogno del contatto visivo. Sul retropassaggio horror di Poli invece Icardi perdona eccome, e lo fa proprio mancando in quella dote del sentire la porta e spedendo clamorosamente il pallone lontano dallo specchio. Un segnale inquietante del momento nero di tutta l’Inter e del suo capitano in particolare, a secco in Serie A da ben sei partite.
Sembra verosimile allora l’ipotesi lanciata da Marchegiani a Sky Calcio Club, ovvero che la Beneamata si sentisse nel periodo di Capodanno allo stesso tempo troppo distante sua dal secondo che dal quarto posto, e che per questa ragione abbia perso la giusta motivazione e con essa il famoso graffio. Ma ora la situazione è cambiata: a San Siro piovono fragorosi fischi e quel terzo posto non è più così blindato.