Giovanni Rosati
Nel mezzo ci sono state diverse cose positive, ma la partita del Franchi è iniziata e finita male, e per motivi differenti. È iniziata male perché al primissimo possesso palla viola, ovvero quello incominciato con il fischio dell’arbitro all’interno del centro di centrocampo, ci si è già ritrovati sotto. Il lancio di Ceccherini è stato condizionato dal vento ma si è rivelato perfetto per l’inserimento di Chiesa, per la cui posizione di posizione di partenza è stato chiamato per la prima volta in questa gara in causa il var. Poi sulla palla in mezzo De Vrij ha toccato in maniera decisiva la palla dopo il tacco di Simeone lanciando un chiaro messaggio dopo soli sedici secondi di gioco: non è serata per l’Inter, questa.
I giusti binari – Eppure poi la partita è parsa inserirsi sui binari nerazzurri: un altro silent-check ha convalidato il pari di Vecino, poi Politano ha tirato fuori da cilindro il gol del sorpasso, l’unico di questa incredibile serata in cui il direttore di gara Abisso non abbia avuto influenza alcuna. Un altro intervento della squadra arbitrale al completo ha annullato il pari viola di Biraghi per un precedente calcio di Muriel su D’Ambrosio, e ad inizio ripresa Perisic ha portato dal dischetto i suoi sul 3-1 facendoci credere che la storia del match fosse destinata a chiudersi lì. Il “mani” di Edimilson c’è perché, nonostante il braccio sia sulla traiettoria verso il volto dello svizzero, lo stesso è ben staccato dal corpo e nessun avversario disturba il comportamento del centrocampista di Pioli.
La prima deragliata e il finale da Oscar – E invece è ancora da un fischio arbitrale che si riapre l’incubo nerazzurro: punizione per la Fiorentina da circa trenta metri (non pochi), Muriel sul pallone. Passetti di rincorsa vagamente ispirati da Fred Flinstones, colpo secco e palla sotto l’incrocio teoricamente protetto da Handanovic, reo di aver compiuto un leggero movimento nella direzione opposta appena prima della battuta. In diretta già ci si rende contro di quanto di prodigioso ci sia in quella conclusione, il rallenty gli rende però totale giustizia mostrando il giro impresso sul pallone dal collo interno del colombiano e la precisione con cui viene infilato il sette nerazzurro.
È qui però che una trama avvincente si trasforma in un film da Oscar, e grande merito va al vincitore del “miglior attore protagonista”: l’arbitro Abisso. Il fischietto di Palermo ravvede nell’ultimo dei sette minuti di recupero assegnati un tocco di mani in area di D’Ambrosio e fischia il rigore. Poi mette mano all’orecchio per sentir bene la comunicazione che gli arriva dall’auricolare e la va a rivedere al var. “Eravamo in quaranta tutti lì e abbiamo visto tutti la stessa cosa” dirà ai microfoni di Sky nel post-partita un imbestialito Spalletti, che successivamente ha tentato invano strappare l’Oscar ad Abisso scagliandosi contro Caressa e il suo club che in realtà ne stava condividendo il pensiero di massima. Evidentemente comunque il direttore di gara era il quarantunesimo di quel gruppo, perché a lui di cambiare la propria decisione – nettamente errata – non è proprio andato giù. Lo ha calciato addirittura al 101’ minuto di gioco quel rigore Veretout, e lo ha segnato spiazzando Handanovic dopo almeno cinque minuti pieni di sospensione della gara.
E così, per un rigore inesistente, ora il vantaggio sul Milan è di due punti, quello sulla Roma di appena tre. “E io domani mi devo risentire «Via Spalletti, viene questo, viene quell’altro»”.