De Rossi, un uomo e la sua città…

Posted By on Mag 26, 2019 | 0 comments


( di Gianluca Guarnieri) E’ dura. E’ difficile. Pensarci fa male, e il tarlo non accenna a smettere di tormentarti. La mente corre là e non ci puoi fare niente. Il pensiero di una città intera è rivolto al suo numero 16, al suo Capitano, alla sua bandiera, ovvero Daniele De Rossi. Fra meno di 24 ore il campione del Mondo 2006, grande simbolo romanista terminerà la sua carriera con la maglia tanto amata. Suo malgrado, certamente, provocando l’ira di un’intera tifoseria o forse di un popolo. Pensare che DDR non sarà più con la sua fascia da capitano al braccio, nel cerchio di centrocampo, pronto ad impostare il gioco e allo stesso tempo a chiudere i varchi davanti alla difesa, alla squadra avversaria, sfiora il surreale. Lo ha fatto per quasi 20 anni, guadagnandosi l’affetto e il rispetto dei suoi tifosi e di tanti avversari, vista la classe, il cuore e la grinta, difficile da riscontrare nel calcio di oggi, ricco di pseudo cyborg e rockstar capricciose, moderni capitani di ventura pronti ad offrire i propri servigi e la spada al migliore offerente. De Rossi non è così, archetipo dell’eroe e del guerriero medievale di cavalleresca memoria, legato in modo indissolubile alla sua fede e al proprio schieramento. Un Riccardo Cuor di Leone in Oro e Porpora, con barba leonina ( il suo segno zodiacale peraltro…) e una capacità di leadership fuori dal comune. Uomo spogliatoio, guida per i più giovani, punto di riferimento e stella polare. Tutto questo finirà oggi, stasera, lasciando un profondo scoramento nell’animo di un popolo calcistico, due anni dopo l’Endgame dell’altra grande icona capitolina, Francesco Totti, fratello di sangue calcistico di Daniele, uniti come i “dioscuri” dell’antica Roma, Castore e Polluce. Sarà difficile trattenere i propri sentimenti domeni sera, in curva o in tribuna, in uno stadio stracolmo e diventato troppo piccolo per contenere una folla sconfinata e carica di passione e sentimento da riversare sul suo idolo, esempio di appartenenza e di legame sconfinato. Non sarà facile assuefarsi ad una mancanza, ad una assenza, ad un distacco doloroso come una ferita, come una lama fredda e crudele che ti penetra dentro. Un legame che non si esaurirà in un distacco, tanto grande la forza del rapporto. L’uomo con il 16 con la barba e le vene del collo smisurate resterà dentro, scolpito come il Mosé di Michelangelo, pronto a chiudere lo spazio al carneade laziale per un tiro a botta sicura in un derby dell’Era Garcia, o salvare la propria porta lanciandosi in spaccata arginando il pallonetto di Pandev in Roma-Napoli di tanti anni fa. Un racconto infinito e splendido, per un campione senza confini e frontiere. Bandiera vera, capitano tifoso come Di Bartolomei, Conti, Giannini e Francesco Totti. Tutti uomini che hanno rappresentato un percorso, una strada, un sentiero, camminando verso l’infinito Un simbolo senza esagerazioni. Non sarà facile abituarsi all’assenza. Sarà dura. Sarà difficile.

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