(di Gianluca Guarnieri) La palla sembrava sospesa in aria. Come paralizzata. Immobile. Giuseppe Giannini, capitano di lungo corso e di gran cuore romanista, aveva crossato nell’area di rigore sotto la curva Sud dello stadio Flaminio in quel pomeriggio del 18 marzo, anno del Signore 1990, data del Derby Lazio-Roma, con il piccolo Stadio teatro della disfida più attesa nella Capitale. Quel pallone scese finalmente, in quell’area intasata come via del Corso, in un sabato pomeriggio di primavera, e trovò una testa bionda e riccioluta con la maglia numero 9 che lo mandò ad adagiarsi nella rete, per la gioia incontenibile dei tifosi romanisti appollaiati nella tribuna, in inferiorità numerica (solo per l’occasione…) ma sempre impagabili per passione ed entusiasmo. Fu il “Point Break” di quella partita e sicuramente quel numero 9 biondo sarebbe piaciuto molto anche a “Nostra signora degli Oscar” Kathryn Bigelow, per via delle sue capacità atletiche ed agonistiche , degne dei suoi “surfisti” adrenalinici. il numero 9 era il “Tedesco che vola”, ovvero Rudy Voeller. Nella storia dell’A.S. Roma raramente un calciatore trovò il Feeling giusto in maniera cosi netta come Rudy da Hanau, uomo di grinta e leader nato, autentica arma in più, per quei 5 anni che segnarono in maniera indelebile la vita di chi aveva la maglia giallorossa nel cuore. Il suo arrivo entusiasmò , nell’estate 1987, il popolo romanista, visti i trascorsi a dir poco brillanti nel Werder Brema e con la nazionale tedesca, ma per via di un infortunio nella parte iniziale di quel campionato Voeller sembrò una pallida controfigura rispetto al furente centravanti ammirato in quegli anni e poco ci mancò che fosse rimandato indietro come uno sgradito pacco postale. Non fu così, fortunatamente e nel 1988/89 Rudy tornò se stesso, pronto a lanciarsi verso la porta avversaria, portandosi sulle spalle il peso dell’attacco dei “lupi”. I tempi della squadra stellare dei Falcao, Di Bartolomei, Pruzzo, Cerezo erano purtroppo finiti, ma quella squadra, ricca di agonismo, fierezza e dignità trovò la dimensione ideale e la sua “tana” nel piccolo impianto di Viale Flaminio, con il “Tedesco che vola” come condottiero osannato dalla Sud, innamorata senza ritrosie. Il rapporto fu fantastico e Rudy diede tante soddisfazioni ai suoi tifosi; goals nei derby con tanto di “cucchiaio” (Totti si ispirò a lui…), al Milan, al Napoli e alla Juve, nelle Coppe con una galoppata straordinaria fino alla finale di Uefa 1991 e alla vittoria in Coppa Italia dello stesso anno, con triplette straordinarie vedi Bordeaux e Anderlecht, rincorse nei confronti di difensori allibiti e reti in tuffo di testa incurante di scarpini protesi verso la propria faccia. Più che teutonico, Rudy sembrava un testaccino, un romanista nel Dna, un vero leone con tutta la sua fedele tribù al seguito. Quanto era forte il rapporto tra il “Tedesco” e i suoi tifosi se ne accorse Frank Rijkard, reo dell’orribile sputo ai danni del numero 9 ai Mondiali di Italia 1990: la sua Curva Sud non dimenticò l’affronto e fischiò l’olandese ogni volta che venne a giocare all’Olimpico, per una affilata e sublime vendetta sonora. Rudy “Sigfrido”, Rudy “Cuor di Leone” insieme a Ruggiero Rizzitelli e a Peppe Giannini, gli uomini di maggiore grinta e personalità in quella Roma “de core”, in un calcio ben diverso da quello attuale, più a misura d’uomo e lontano da essere quel detonatore mediatico che conosciamo bene. Voeller seppe rendere onore a quella maglia, lottando sempre fino all’ultima goccia di sudore, fino all’ultimo minuto, da quel Campione, un Campione del Mondo, che non dimenticò la sua Roma anche da lontano, anche a Marsiglia quando si tolse il lusso di sconfiggere il Milan stellare di Capello, in Finale di Champions League. Cuore di campione e di gentiluomo. Cuore di romanista autentico, anche se non nato sui 7 Colli. Nemmeno l’infausto campionato 2004-05 con le dimissioni dal ruolo di allenatore, cambiò il suo “feeling” con la Capitale e poco tempo dopo come dirigente del Bayer Leverkusen, pilotò il passaggio in giallorosso di Juan Silvera dos Santos, suo difensore di fiducia, e futuro pilastro del “team” prima di Spalletti e poi di Ranieri. Un pacchetto con tanto di fiocco giallorosso.
Grazie Rudy e “Vola Tedesco, vola”, per sempre!