Trap e Anderlini, una vita nel mito

Posted By on Mar 24, 2020 | 0 comments


Di Matteo Quaglini

Giovanni Trapattoni e Franco Anderlini sono stati due miti. La loro storia è molteplice. Il loro racconto spazia in più ambiti: dall’essere allenatori, all’istrionismo incontenibile, alla nazionale fino al lungo cammino del Trap, in giro per l’Europa. Due grandi del calcio e della pallavolo che hanno contribuito al romanzo degli ultimi quarant’anni dello sport italiano. La loro storia parallela è carica di suggestioni, nella sua semplicità.

Entrambi non sono stati dei gotici alla Ernst Happel o alla Karpol. Nessuno dei due è stato ieratico come lo era Helenio Herrera o regale, come sulla panchina dell’Urss che schiaccia, stava Platonov zar di tutte le russie pallavolistiche. Il caro Trap e il vulcanico Anderlini non hanno avuto, nei loro contorsionismi in panchina, lo studiato distacco del barone Liedholm. La loro forza è stata la diversità: semplici, sanguigni, combattenti.

Dei tratti che li hanno messi nel grande Pantheon degli allenatori del calcio e della pallavolo. Molto nelle loro carriere li accomuna altro li differenzia. Tutti e due hanno allenato le due più forti squadre del calcio e della pallavolo italiana: la Juventus e la Panini Modena. Già qui, però, nasce una prima importante differenza. Il Trap lombardo di Cusano Milanino, è stato dal 1957 al 1976 (con un intermezzo a Varese dove chiuse la carriera pedatoria) una bandiera del grande Milan di Rizzoli e Nereo Rocco e in quella scuola di sport ha imparato tutto quello che c’era da sapere sul football. Poi, un po’ a sorpresa per gli addetti ai lavori, lo chiamò Boniperti per allenare la magna Juventus che aveva appena perso lo scudetto contro il Torino di un altro storico milanista, Gigi Radice. Da lì in poi dieci anni di trionfi all’interno di un club che era un impero.

Per Franco Anderlini, modenese doc, il compito fu diverso: costruirlo lui un impero pallavolistico. Così nacque la Panini, nel 1966, da un’idea del Cavaliere del lavoro Giuseppe proprietario della famosa azienda di figurine che a partire dal campionato ’61-’62 con Liedholm in copertina, raccontavano il calcio. Storie che si intrecciano e trovano un significato profondo l’una dentro l’altra. Così il Prof Anderlini prese la sua laurea all’Isef e iniziò a costruire la squadra che ancora oggi rappresenta la pallavolo, parte del tutto di un gioco fantastico.

Le vittorie di Velasco e Daniele Bagnoli, le coppe dei campioni vinte, i grandi giocatori stranieri e italiani della squadra degli anni futuri devono tutto a lui il Prof vulcanico e bonariamente iracondo che amava scatenare la fantasia senza imbrigliare i suoi in schemi troppo stringenti. Esattamente come faceva il Trap con gli artisti Causio e Platini o con i bomber Bettega e Bonisegna.

Il percorso del mitico Franco Anderlini portò tre scudetti alla Panini, tra il 1966 e il 1975, e dette la spinta per formare una mentalità, quella di non arrendersi mai. La stessa mentalità che il Trap seppe inculcare nella Juventus. Quando perdeva la sua squadra sapeva subito reagire, richiamata dalle urla, dai fischi, dai pugni chiusi del suo vulcanico allenatore. Arrivarono sei scudetti e sei successi internazionali, i primi nella storia della squadra.

Poi come sempre nella storia dopo i trionfi le strade si divisero, per Trapattoni come per Franco Anderlini. Il Trap andò a Milano nell’Inter che Ernesto Pellegrini voleva rifare di nuovo grande, mentre il Prof dopo una stagione alla Pallavolo Cesenatico approdò nella nazionale maggiore. La Fipav gli aveva affidato già un compito complesso e affascinante, a partire dal 1968: formare i giocatori delle generazioni future nell’Under 20 e 21. Così fino al 1983, con la passione vulcanica per il gioco che lo animava, allenò tanti ragazzi a giocare a pallavolo: un altro dei suoi lasciti più belli. E la nazionale maggiore che fine fece? Per la prima volta nella storia si qualificò per le Olimpiadi canadesi di Montréal, battendo in uno spareggio catartico la grande Bulgaria di Karov e Zlatanov. Era il 1976, l’anno guarda caso in cui Giovanni Trapattoni venne assunto come allenatore della Juventus.

Qui, sul terreno della maglia azzurra cioè, nasce un’altra diversità tra l’allenatore che pensa come Ford e quello che vede il gioco tutto cuore e passione. A Giovanni Trapattoni non è riuscito di

ottenere il successo con la nazionale di calcio come Anderlini aveva invece fatto visto che la nazionale di pallavolo allora viaggiava nelle retrovie della pallavolo internazionale distante anni luce dagli squadroni dell’Est Europa. Un europeo incolore e un mondiale rapinato dall’arbitro Moreno, nel quadriennio 2000-2004, non furono sufficienti a iscriverlo nel libro d’oro degli allenatori di azzurra.

Tanto Trapattoni quanto Anderlini hanno saputo vincere anche fuori della Juventus e della Panini Modena: il Prof ha segnato il decennio della pallavolo italiana, 1954-64. In quel periodo il suo Avia Pervia Modena vinse cinque scudetti, in un decennio che fissò lo scudetto della palla in aria nella città del Lambrusco e della Ferrari. Il Trap trionfò nell’Inter che seppe vincere il campionato ’88-’89 nel segno dei record e della forza fisica che tanto richiamava la spinta degli eserciti di Gengis Khan.

Le esperienze di Cagliari e Firenze per uno e dell’Us Ferrari Modena e del Gs Menegola, la squadra dei Vigili del Fuoco per l’altro, servirono ad entrambi per capire che non si può vincere sempre e che insegnare è altrettanto una vittoria nel percorso di un allenatore.

Alla fine di una storia parallela fatta di passione e ardimento, il Trap e il Prof, hanno percorso strade diverse. Un incidente stradale sull’autostrada del Sole, nel 1984, ha portato purtroppo via alla pallavolo italiana e ai suoi cari il grande Franco Anderlini, che ha lasciato un’eredità importante al gioco che lui follemente amava: viverlo con la passione di un innamorato. E da innamorato del pallone Giovanni Trapattoni ha viaggiato per allenare e vincere in tutta Europa: dalla Germania (Bayern e Stoccarda), all’Austria (Salisburgo), al Portogallo per dirigere la squadra che fu di Eusebio, il mitico Benfica. In tutte, compresa la sua ultima squadra la nazionale irlandese, il Trap ha messo cuore e passione esattamente come predicava Franco Anderlini.

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