Serie A: i conti della serva e bilancio in rosso

Posted By on Set 8, 2020 | 0 comments


(di Luca Lippi e Giuseppe Porro)

L’estate, il mare e le vacanze, e sotto l’ombrellone con i quotidiani aperti, tutti pronti a calarsi nei panni del direttore sportivo di questo o quell’altro club per vedere chi sarà il prossimo acquisto, basta che sia un big. Ma se analizziamo bene i bilanci, andando a fare i “conti della serva” a tutta la Serie A, vediamo che non è tutto rose e fiori, anzi.

La ripresa del campionato è alle porte, colmo di incertezze e più povero. Il mercato dei club con i bilanci in sofferenza per tutti, senza ‘incassi’ e tante incertezze operative, fa emergere l’unica certezza, nulla sarà come prima.

Allo stato dell’arte, nella parte giocata a porte chiuse, la Juventus ha perso incassi per 12,3 milioni di euro, il Milan 3,4 milioni, l’Inter 2,7 milioni, la Roma 2,4 milioni e la Lazio 0,6 milioni di euro. Il totale del mancato incasso per la serie A si attesta sui 28,7 milioni di euro, e parliamo solo di botteghino. Con la chiusura certa fino all’autunno, i mancati incassi da botteghino per la sola serie A oscilleranno tra i 120 e i 150 milioni di euro.

A considerare altro, il danno è assai maggiore. Se mettiamo a bilancio le sponsorizzazioni e i diritti TV, secondo una stima della federazione leggibile in una relazione presentata al governo, ci sono da rubricare 720 milioni di euro oltre quelli dei mancati incassi da botteghino.

Nessuno può garantire che per il campionato 20/21 le sponsorizzazioni saranno rinnovate alle cifre pre covid. La ridotta visibilità e il danno che anche le aziende sponsorizzatrici hanno subito per l’emergenza sanitaria prolungherà la sofferenza per la serie A. La priorità per gli imprenditori che sostengono la macchina del calcio è quella di garantire la continuità aziendale delle proprie attività, soprattutto salvaguardare il lavoro dei propri dipendenti, le sponsorizzazioni passeranno inevitabilmente in secondo piano.

Ultima, ma non ultima, è la questione diritti TV. I proprietari di sky hanno chiesto uno sconto del 15% sul contratto del prossimo anno, fatto salvo il pagamento fino all’ultimo centesimo di quello in essere. Facendo il conto della serva, lo sconto del 15% su 1,4 miliardi di euro fa 210 milioni di euro di minori incassi da diritti TV per la stagione alle porte.

Detto questo, la prospettiva dovrebbe essere la seguente: il mercato estivo sarà un mercato di cessioni e forse, il vero mercato sarà a gennaio. Le società di calcio meno attrezzate che sostengono i propri bilanci esclusivamente con i diritti TV, soffriranno molto di più e i presidenti si troveranno costretti a indebolire le rose cedendo i migliori. La prossima stagione sarà uno scontro a 4/5 squadre, con inevitabile flessione di appeal internazionale. Salvo una ‘rivoluzione industriale’ del mondo del calcio, allo stato dell’arte non si vede la luce in fondo al tunnel.

Quello che preoccupa di più, è l’indebolimento del nostro sport di punta che sostiene tutto lo sport nazionale. Quest’ultimo vale 3,5% di Pil nazionale, sotto l’ombrello della serie A ci sono 12,4 milioni di lavoratori (12,4 milioni di famiglie), tre quarti sono impegnati in sport dilettantistici. La forbice economica si è ridotta notevolmente e quindi la speranza di crescita delle aziende sostenitrici e proprietarie di questo mondo sono in forte sofferenza.

La rivoluzione dello sport nazionale auspicabile è quella di poterlo vedere passare per un modello di valorizzazione delle realtà locali senza necessariamente scimmiottare fasti di aziende più consolidate. Chi oggi lavora per salvare la filiera sportiva tutelerà lo scheletro dello sport italiano facendo riemergere lo spirito sportivo, competitivo, valoriale che potrà formare i campioni di domani.

Senza supporto finanziario tutto questo sfiorisce sciogliendo anche le fondamenta dell’iceberg alla punta del quale affiora la serie A.

Inutile parlare di mercato e di presidenti col braccio corto, qui siamo immersi in una palude, servono amministratori oculati e attenti per salvare il salvabile. Dobbiamo tifare solo per salvare il ‘sistema’ e il lavoro di 12,4 milioni di famiglie, per i nostri beniamini del calcio (loro si) “andrà tutto bene”.

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