(di Gianluca Guarnieri) Bandiera, simbolo, alfiere. Tanti termini per definire meglio un calciatore che ha legato in modo indissolubile il suo destino ad un’unica maglia, modello di un legame perdurante nel tempo. Nel calcio italiano di esempi ce ne sono molti: Mazzola e Facchetti nell’Inter, Rivera e Baresi nel Milan, Boniperti e Scirea nella Juventus, Giacomo Losi nella Roma.
Giacomino Losi è stato il simbolo dei giallorossi coprendo un arco lunghissimo nel quale è stato il Capitano e baluardo difensivo della squadra capitolina. Nato a Soncino, il 10 settembre 1935, proveniente dal vivaio della Cremonese, Losi fu acquistato dalla Roma nel 1954, e il suo arrivo nella Città Eterna fu una autentica sorpresa anche per lo stesso atleta, che credeva di essere stato messo sotto contratto dal Bologna. Dopo un breve periodo di ambientamento, Losi si adattò alla perfezione alla nuova realtà e piano piano fece il suo esordio in prima squadra, addirittura in un Roma-Inter del campionato 1954-55 affrontando un avversario temibile quale Benito Lorenzi, uomo di punta dei neroazzurri. La Roma vinse quel match per 3-0 e il giovane terzino si meritò persino i complimenti dell’ostico avversario, colpito dalla lealtà e dal coraggio messo in mostra dal ragazzo. Fu l’inizio di una vera escalation. Giacomo piano piano si conquistò il posto da titolare, prima come terzino sinistro e poi come difensore centrale, in una Roma zeppa di talenti, vedi Ghiggia, Da Costa, Selmonson, Manfedini, Lojacono e Schiaffino, ma incapace di aggiudicarsi trofei importanti. Piccolo, robusto, bravissimo di testa dove riusciva ad anticipare in acrobazia avversari che lo sovrastavano per statura, divenne Capitano nel 1960 e non mollò più quella fascia tanto amata, riuscendo ad affermarsi in Nazionale, cosa non semplice per un calciatore che militava in un club, geograficamente al di sotto della cosiddetta “Linea Gotica” e appannaggio quasi esclusivo di Juventus, Milan ed Inter. Losi divenne sempre più il beniamino dei tifosi romanisti, che lo soprannominarono “Core de Roma” dopo un drammatico Roma-Sampdoria del gennaio 1961, dove il centrale cremonese rimase in campo, nonostante un infortunio alla coscia, quando i regolamenti non consentivano le sostituzioni. Losi tenne duro nonostante il dolore crescente, e addirittura andò a realizzare il goal della vittoria (il 3-2) con un bellissimo colpo di testa sotto la Curva Sud. Fu uno dei 2 goal segnati in giallorosso, ma contribuì a creare un mito. Giacomino vinse la Coppa delle Fiere in quell’anno, e si vide consegnare il prestigioso trofeo da Sir Stanley Rous, Presidente della Fifa, in un “Olimpico” traboccante di folla e di passione.
Il difensore lombardo debuttò nella Nazionale maggiore il 13 marzo del 1960 nell’amichevole persa 3-1 contro la Spagna a Barcellona. Fu quindi schierato in tutte le partite della squadra azzurra sino ai mondiali del Cile del 1962 , indossando anche la fascia di capitano allo Stadio Heysel di Bruxelles, nella partita Belgio-Italia del 13 maggio 1962, nella quale esordì il diciottenne Gianni Rivera (risultato finale: 3-1 per l’Italia). Ha partecipato alla spedizione italiana dei mondiali cileni del 1962, disputando la prima partita contro la Germania Occidentale (31 maggio 1962 a Santiago: 0-0) e la terza vittoriosa contro la Svizzera (7 giugno 1962: 3-0). Fu dunque tra i pochi a tornare in Italia imbattuto, non essendo stato schierato nella sfortunata partita con il Cile (Battaglia di Santiago), per la quale gli fu preferito l’ex compagno di squadra Mario David. Nonostante ciò, il nuovo Commissario tecnico, Edmondo Fabbri, ritenne di non convocarlo più, pur avendo solo ventisette anni. Del 1964 la prima Coppa Italia, vinta a Torino in finale contro i granata per 1-0 con il goal di Bruno Nicolé. Fu una vittoria importante, per un club che viveva momenti difficili, con crisi economiche di prassi e con i migliori elementi spesso messi in vendita, per sanare un bilancio sempre più deficitario. Nel 1968, a sorpresa fu ingaggiato dalla dirigenza romanista Helenio Herrera, il “mago” l’allenatore simbolo della grande Inter Euromondiale. Sembrava che per Losi si aprisse una nuova giovinezza, a soli 33 anni, ma l’avvento di “H.H.” si dimostrò fatale per la sua carriera. Herrera non apprezzò il valore e il carisma del Capitano e lo escluse senza motivo, preferendogli difensori giovani come Aldo Bet e Sergio Santarini. Per il piccolo-grande difensore fu una mazzata tremenda, e a fine stagione (peraltro impreziosita dalla vittoria nella Coppa Italia) si giunse ad un commiato malinconico. Losi, da vero gentleman, preferì smettere di giocare al calcio che indossare una maglia diversa da quella giallorossa. Il gesto di una campione legato a filo doppio ad una squadra e a una città. Avrebbe mantenuto per decenni il record di presenze con la Roma, 386 partite di campionato, superato solo da Francesco Totti in tempi recenti. Losi non se la prese affatto e augurò al suo “successore” ogni bene. Campione anche in questo.