(di Giuseppe Porro e Luca Lippi)
Dopo “calciopoli”, finito regolarmente in una bolla di sapone, oggi emerge “lo scandalo” dell’esame taroccato di Suarez, oppure Diawara inserito erroneamente in una lista creando il caso della perdita a tavolino della Roma fuori dal campo del Verona.
Il primo caso è più populista che un vero e proprio scoop. L’esame di italiano sostenuto dal giocatore uruguaiano non è meno scandaloso di altri casi simili sempre nell’aura del pallone. Se poi dovessimo andare a spulciare nelle carte dei diplomifici e laureifici forse si potrebbe scoperchiare una fogna a cielo aperto, ma fare un’inchiesta vera comporta capacità, tempo e la consapevolezza di mettere a rischio la propria professionalità futura, e tengono tutti famiglia.
E allora si ripropone il solito discorso, anche stucchevole, oltre che inutile; quante volte abbiamo sentito parlare di caste? Praticamente sempre.
Quella calcistica è una tra le più complesse perché racchiude quella politica, quella bancaria e quella giornalistica, andare a minare le basi di un settore (solo il sistema calcio) che produce circa 13 miliardi di euro (un punto di Pil) è una pratica adeguatamente osteggiata.
Per questo motivo, forse, la giustizia sportiva spesso si scontra con quella ordinaria facendo scomparire nei sotterranei bui e polverosi delle procure la più parte delle controversie.
Negli anni passati in Italia ci sono stati tanti casi da giustizia sportiva e ordinaria partendo dai passaporti falsi fino ai Rolex, dalle macchine da palestra ai cesti natalizi per culminare in calciopoli, e sorvoliamo i casi europei e mondiali che toccano personaggi del calibro di Blatter e Platini.
Alle cronache, oggi c’è il caso Suarez o la lista della Roma. Come andrà a finire? Tutto in una bolla di sapone, Suarez non ha superato l’esame regolarmente, ma non è andato alla Juventus, perché dovrebbero pagare i bianconeri? Diawara era nella lista sbagliata ma la Roma non ne ha tratto beneficio, perché non restituirgli il punto guadagnato sul campo? Il calcio deve andare avanti nonostante i mosconi che gli gravitano intorno, ripetiamo, tutti tengono famiglia, andrà avanti anche con il pubblico (per ora mille a gara) in tempi di Covid. In fondo la macchina del calcio non è altro che un grosso banco con le ruote, come i mezzi pubblici che trasportano orde di passeggeri. Come al solito, è buono tutto.