di Daniele Craviotto
È strano come, a volte, la storia sportiva riesca a presentare il medesimo termine a distanza di tempo, ma con sfaccettature differenti. Il caso curioso é quello di Italia Corea (che sia del Nord o del Sud poco importa). I più attenti si ricorderanno i 2 titoli dei quotidiani di riferimento dei due fatti sportivi: nel 1966 si titolò <Azzurri, vergogna>, mentre nel 2002 si fu ancora più decisi con <Vergogna>. Sembra strano, ma per l’Italia la parola Corea é quanto di più indigesto esista nella sua gloriosa storia calcistica con due pagine indimenticabili per motivazioni differenti. La prima venne scritta il 19 Luglio 1966, quando il “dentista” (che aveva il titolo, ma mai esercito) Pak Doo Ik trafisse Albertosi con un fulmineo diagonale che non lasciò scampo all’estremo difensore azzurro, dopo essere sfuggito alla marcatura (per errato anticipo di Aristide Guarneri) e regalò la storica qualificazione ai Quarti alla Corea del Nord; meglio fece il sudista Ahn che al Golden Goal regalò lo stesso identico turno del suo illustre predecessore di quasi 36 anni prima sempre a scapito degli azzurri. Tuttavia la Vergogna che si prova ancora oggi, riguardando i 2 incontri, fu quanto di più dissimile possa esserci. Quello del ’66 é un sentimento é un qualcosa di lacerante, che ti regala l’illusione di una partita infinita dove prima o poi Mazzola o Rivera troveranno il benedetto gol che farà passare noi a discapito degli asiatici e le occasioni non mancarono di certo e quel fischio finale regala una coltellata al cuore ogni volta che riecheggia nell’aria e la disperazione assale qualunque italiano vi assista per l’affronto materializzato. La sensazione del 2002 fin dai primi attimi, invece, trascina il tifoso nell’assistere ad un qualcosa di già scritto e premeditato: rigore inesistente, gol di Vieri che pare segnato al 1′ di una partita troppo lunga e difficile (in realtà si era al diciottesimo), falli bruttissimi non sanzionati o parzialmente, fino ad arrivare alla folle espulsione di Totti e il gol del già citato Ahn; alla conclusione ci si infuria perché l’ingiustizia é troppo grande e l’arbitro si rivelò poco tempo dopo tutt’altro che una persona leale. Questa differenza pervase probabilmente anche gli articolisti nel trovare l’identica parola per descrivere due situazioni completamente ossimoriche. Il sollievo arriva quando si va a guardare il proseguimento della storia della nostra nazionale, dato che nel 1968 (2 anni dopo) gli azzurri conquistarono l’unico Europeo che abbiamo in bacheca, mentre nel 2006 (il mondiale successivo nipponico-coreano) ci prendemmo la nostra rivincita issandoci sul tetto del mondo; una buona speranza per l’attualità, dove l’Italia di Mancini ha la doppia opportunità (Europeo e Mondiale) di farci in parte dimenticare un’altra brutta pagina del nostro cammino fatto di rovinose cadute e splendide rivalse.