(di Giuseppe Porro)
I processi alle intenzioni o processi sommari, sono ormai all’ordine del giorno nel calcio. Giovedì sera (come il giovedì prima se non fosse stato per la vittoria ottenuta) se avessimo dato ragione ai negazionisti a prescindere, avremo avuto un esonero servito su un piatto d’argento.
La Roma stenta (come altre big vedi Juventus o Real Madrid) ma siamo ancora all’inizio. In Europa dopo 2 partite i giallorossi hanno conquistato 4 punti, ma non hanno rubato l’occhio a chi vorrebbe sempre vacche grasse e non si accontenta di vacche magre. Quindi si ricomincia e non solo ad halloween con la caccia alle streghe.
La Roma di Fonseca in questo primo scorcio di stagione ha ottenuto su sette gare ufficiali: 3 vittorie, 3 pareggi ed una sconfitta a tavolino, ma si vuole per forza di cose trovare il capro espiatorio. Ieri Friedkin o Fienga, oggi Dzeko o Fonseca, domani chissà. Tutti “colpevoli” di questa “stagione sciagurata” che deve ancora iniziare.
Fonseca nella gara di Berna con lo Young Boys, aveva rivoluzionato la formazione mettendo le seconde linee, lo stessa cosa ha fatto nella gara casalinga con il CSKA Sofia. Nella prima arrivò la vittoria salvando il portoghese dalla graticola, nella seconda invece arriva solo un pareggio, e quindi il processo sommario.
Nei corsi e ricorsi storici, troviamo un processo sommario ma nettamente falso ed errato, che si accosta a queste partite di Europa League. Siamo nel 2012 prima Roma di Pallotta, l’allenatore è Luis Enrique che da li a breve diventerà uno dei migliori e vincenti al mondo.
Preliminari di Europa League, la Roma sconfitta a Bratislava che (con tutto il rispetto) non aveva perso a Londra, Parigi o Madrid, deve ribaltare il risultato ma qualcosa va male. La gara finisce 1-1 e la Roma va fuori ancor prima di entrare in Europa.
Luis Enrique bocciato e bollato come: acerbo, inadatto e da cacciare immediatamente, reo di aver fatto giocare Viviani e Verre, ma soprattutto Okaka al posto di Totti. Falso, o al massimo vero in parte.
Partiamo da un presupposto, per battere lo Slovan Bratislava sarebbero bastati Viviani, Verre ed Okaka (o almeno avrebbero dovuto, anche se non è successo). E comunque Totti restò in campo per ben 74 minuti, e la Roma non riuscì a vincere ugualmente. Ovviamente per altri motivi, non per una formazione sbagliata.
Li si processò un allenatore all’inizio, senza dargli il tempo di far capire un idea di gioco innovativa per l’Italia. Quel tiki-taka che era un dogma della scuola catalana, e che Luis Enrique voleva trapiantare a Roma.
Ora sta succedendo la stessa cosa con Fonseca, che ripetiamo ha perso solo una gara a tavolino (aspettando il ricorso) in appena 7 gare ufficiali, ed ancora non è fuori da nessun contesto, anzi.
Quindi adesso bisogna sostenere la Roma tutta in toto, da De Sanctis a Borja Mayoral, perché l’obiettivo è uno solo. Portare finalmente a casa un risultato finale. Quindi: “boa sorte Mister”, ed occhio alle streghe.