Nicola Ciacciarelli
La Champions resta un incubo, una maledizione. Non basta il 3-2, dopo i supplementari, per avere la meglio del Porto che passa in virtù dei due gol segnati in trasferta. La Signora con l’uomo in più per più di un’ora, extratime compresi, era riuscita a ribaltare lo svantaggio iniziale grazie alla super doppietta di Chiesa, prima del gol beffa su punizione di Sergio Oliveira a 5 minuti dai rigori e l’inutile rete della speranza di Rabiot subito dopo.
Il match dello Stadium è stato vibrante e caratterizzato da una quantità abnorme di episodi frutto di belle giocate, ma anche diversi errori tecnici. I bianconeri hanno la chance per sbloccarla già al 3′, ma Morata centra Marchesin che di istinto para. Sliding door fondamentale nel match, perchè scampato il pericolo il Porto si fa coraggio e non disdegna l’attacco con diversi uomini nella metà campo avversaria. In difesa i bianconeri ballano e concedono. Demiral, troppo irruente, butta giù Taremi e ”consegna” il rigore ai portoghesi. La Juve è in bambola per dieci minuti abbondanti ed ha l’unico merito di non affondare, dimostrando quanto purtroppo questa squadra viva degli up and down di condizione mentale enormi.
Dopo un finale di tempo in leggero miglioramento i bianconeri si sbloccano al 5′ della ripresa con il bel destro a giro di Chiesa, servito da un Ronaldo comunque lontano parente di quello straripante di solito in Europa. Il match vive un altro episodio chiave quando Taremi scaglia via il pallone protestando nei confronti dell’arbitro Kuipers. Secondo giallo e Porto in 10. Gli uomini di Coincecao non ripartono più e la Juve trova il bis di testa con Chiesa, imbeccato da Cuadrado. La Juve attacca a testa bassa, crea, ma non troverà il gol qualificazione,che si s tampa sulla traversa nel recupero dei tempi regolamentari. Poi l’amaro finale dell’extra time.
Il Porto se ne va da Torino con la qualificazione e , nel complesso, per quello visto nel doppio confronto lo fa con merito. Riuscire a resistere con l’uomo in meno ad un avversario di caratura superiore non era semplice. La Juve ha enormi rimpianti non solo per i singoli episodi (traversa di Cuadrado e barriera che salta male sulla punizione di Oliveira), ma per aver giocato con troppa frenesia nei momenti chiave del match. Frenesia derivante dal dover recuperare lo svantaggio dell’andata e da una stanchezza mentale affiorata soprattutto dopo il 90′ per lo sforzo profuso.
Ancora una volta i bianconeri sono apparsi troppo fragili nei primi minuti di un match, come successo con Fiorentina ed Inter in campionato. Questa Juve ha momenti anche di buon calcio, ma pecca in lucidità. Le occasioni e i gol sembrano arrivare più per inerzia e singole giocate, che per una precisa identità tattica. Inoltre la squadra sembra più vulnerabile difensivamente e quando è costretta a rincorrere l’avversario fa enorme fatica. Occorreranno nuove riflessioni in società. L’impressione è che in queste 14 partite finali (Coppa Italia compresa) Pirlo si giocherà una conferma per nulla scontata. Per dimenticare l’ennesima serata da in incubo in Champions occorrerà un percorso netto che, al momento, appare come un miraggio per la Juve di quest’anno.