di Daniele Craviotto
Da spettatore neutrale mi sono sempre chiesto come ci si debba sentire a essere tifosi della squadra che si oppone, in città, alla più vincente in Italia. Sì, sto parlando dei sostenitori GRANATA. Studiandone un po’ la storia, ho iniziato a capire come il tifare Torino non sia come seguire le altre squadre. È vero: prendete qualsiasi tifoso e vi dirà che la storia della propria squadra del cuore e l’attaccamento a quella maglia sia qualcosa di imparagonabile. Tuttavia nulla di più vero può applicarsi al Toro. Una squadra con pagine di storia impareggiabili, momenti irripetibili e disgrazie incommensurabili. Partendo dall’inizio, il Torino ci mise 21 anni per ottenere la prima affermazione iridata. Questo, però, non gli servirà ancora per inserirsi nell’amazzone Piemonte del tempo. Infatti a farla da padrone erano due “donne” o meglio “signore”: la Pro Vercelli e la Juventus. Dinanzi a loro, nulla potevano i due “uomini” Torino e Casale. Sarà grazie a un imprenditore, granata nell’anima, che il Toro si presenterà alla corte sabauda. E lo fa in maniera dirompente, perché dopo l’affermazione del ‘42-‘43, si aprirà il ciclo del Grande Torino. Questo porterà i suoi tifosi dall’essere sostenitori della terza squadra piemontese all’essere quelli della squadra più importante in Italia e rappresentante della nazionale italiana. Tuttavia il destino colpisce in maniera beffarda e improvvisa questa squadra con il noto incidente di Superga. Sul colle non finisce solamente quel gruppo, ma anche la centralità dei granata nel calcio italiano. Il Destino si rivela un novello Teseo, spezza le corna del Minotauro granata e lo relega ai bassi fondi della massima serie. A 10 anni dall’ultimo scudetto, arriva addirittura la prima retrocessione in serie B. Questo spezzerebbe le redini di chiunque, ma non quelle di chi sostiene questa squadra. Nonostante il tracollo decennale, i supporter del Torino si stringono a lui, quasi come una mamma che protegge il proprio figlio, amandolo sempre di più. Saranno 27 anni di passione e dolore (la Juventus ruberà la scena in terra piemontese), ma negli occhi torinisti, rimane la fiamma dei vecchi tempi, spinto dal desiderio di riconquistare quanto perduto. Avviene nel’75-‘76 e nella maniera più dolce possibile. Neanche romanzieri come Defoe o Hugo avrebbero potuto creare una storia migliore. Il Toro parte lento, ma si riprende andando anche in testa. Nonostante questo sarà la Juventus a chiudere davanti il girone d’andata. Tutti pensano che quello granata sia stato il classico fuoco di paglia, senza notare che in realtà negli occhi di giocatori e tifosi si cela un incendio fatto di rivalsa, di amore e di riconquista. La rimonta avviene e la prima fatal Perugia bianconera consegnerà lo scudetto a quei tifosi che mai avevano abbandonato la speranza e la squadra. Finita la partita, tutti si girano verso Superga, sapendo già dove festeggiare il successo. Ancora una volta, però, per i tifosi del Torino, dopo la gioia, arriva altra sofferenza. La squadra non apre il ciclo sperato, la Juve si riprende già l’anno successivo lo scettro e i granata, tranne qualche acuto come la finale persa con l’Ajax nel 1992, torneranno nel limbo. Addirittura arrivano al fallimento nel 2005 e solo l’arrivo di Urbano Cairo li salverà dalla fine. Ma è nel DNA Toro, quando tutto sembra ritrovato, crolla il castello, ma quando pare essere alle soglie del baratro, la soluzione emerge dalle tenebre. Il Torino torna in serie A definitivamente nel 2012. Da quel momento arrivano diverse gioie (tra cui il ritorno alla vittoria nel derby dopo 20 estenuanti anni, il capocannoniere Immobile e infine diventa la prima squadra italiana a espugnare il San Mames di Bilbao) e un consolidamento nella parte sinistra della classifica con sguardo sull’Europa. Tuttavia ancora una volta sembra essere andato al suo posto, ma ecco queste ultime due stagioni (con la pandemia), che mettono nuovamente a dura prova i cuori granata, con una salvezza ancora da conquistare è una situazione societaria tutt’altro che rosea. In questi ultimi mesi ho avuto modo di conoscere una giovanissima tifosa del Toro, che in più occasioni mi ha manifestato le sue preoccupazioni. Qui la mia risposta: tu tifi una squadra iconica del nostro calcio. L’unica che abbia intitolato un minutavi o della partita «IL QUARTO D’ORA GRANATA». Una squadra che per forza chiede passione, è nel vostro sangue e quello di chi vi ha preceduti. Se retrocessione dovrà essere, ricorda la vostra Storia. Da ogni tonfo il Toro ritorna più forte, perché ha dei tifosi che conoscono la sofferenza e l’eroismo. Perché tifare Torino non è per tutti…Un privilegio che supera qualsiasi risultato sportivo.