di Massimo Costa
Fino ai primi anni ’90, esisteva soltanto un calcio autentico, romantico e passionale, nel quale il gesto tecnico era il primo attore, il business il ruolo secondario e pure le provinciali potevano ambire a sogni tricolori.
Favole come il Verona e la Sampdoria campioni nel secolo scorso, costruite con magistrale competenza e lungimiranza dai Presidenti e dirigenti, sono state l’ultimo canto del cigno di un calcio che non esiste più, dove ora a farla da padrone assoluto è il denaro.
Infatti, la nascita delle pay tv ha stravolto con irruenza l’ambiente pallonaro, squilibrando sia l’esito e la competitività del campionato, ancora più a favore dei potenti clubs, i quali avendo maggiore seguito godono di ingenti ricavi dai diritti televisivi, che le abitudini di milioni di appassionati e delle loro famiglie. Lontani e rimpianti, a mio parere, i tempi in cui tutte le squadre scendevano in campo contemporaneamente la domenica pomeriggio, da anni assistiamo per esigenze commerciali a un campionato spezzatino dove la fedeltà dell’appassionato è solo un contorno.
Si sa il mondo cambia velocemente, il calcio di pari passo…ma no, non è un progresso.