di Lucio Marinucci
Lunedì 19 Aprile 2021. Il mondo del calcio si sveglia di soprassalto, turbato come non lo era mai stato e scosso nelle sue più salde fondamenta. L’idea che qualcosa di minaccioso stesse per accadere era già nell’aria da tempo, ma nella tarda serata di ieri le voci, le impressioni e i timori si sono materializzati in una bufera di proporzioni bibliche che repentinamente si è abbattuta violenta su tutti noi. Un terremoto senza precedenti che suona come una vera e propria dichiarazione di guerra in grado di sconcertare anche i più esperti del settore. Tutto è cominciato nella giornata di ieri quando il Presidente UEFA Aleksander Ceferin aveva messo le mani avanti, schierandosi contrario alla nascita di un’ipotetica Superlega. Fin qui nulla di particolarmente strano dato che di questa fantomatica Superlega si parla da almeno trent’anni e finora era sempre apparsa come un’utopia irrealizzabile. Un’utopia che però, nel giro di poche ore, ha preso forma sino ad assumere le sembianze di un cerbero a dodici teste innalzatosi perentorio sul panorama calcistico, economico e politico europeo. Dodici sono infatti i club che si sono resi protagonisti di questo colpo di stato: sei inglesi (Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Tottenham), tre spagnole (Barcellona, Real Madrid, Atletico Madrid), e tre italiane (Juventus, Milan, Inter) che potrebbero ancora essere raggiunte dai tentennanti PSG, Bayern Monaco e Borussia Dortmund. Il format della neonata Superleague prevedrebbe la partecipazione fissa dei quindici club sopracitati, ai quali si aggiungerebbero cinque ulteriori squadre in base ai risultati ottenuti nei rispettivi campionati nazionali. Due gironi da dieci con partite di andata e ritorno. Le prime tre di ogni gruppo già qualificate alla fase ad eliminazione diretta e le quarte e quinte ai play off; a seguire quarti di finale, semifinale e finale. Chiaramente le società implicate nella vicenda vorrebbero prendere parte anche ai campionati nazionali, ma con ventitré impegni infrasettimanali (18 delle fasi a gironi più 5 dell’eliminazione diretta) viene da chiedersi come possa essere sostenibile anche per gli atleti un dispendio fisico così estremo. In ogni caso l’UEFA, appoggiata dalla FIFA e dai governi delle nazioni coinvolte, si è scagliata tuonante nei confronti dei club ammutinati, promettendo conseguenze drastiche come l’esclusione dalle competizioni europee e da quelle nazionali, l’impossibilità per i giocatori di tali squadre di poter giocare con la propria nazionale e pene pecuniarie fino a 50 miliardi di euro, anche perché i diritti delle competizioni UEFA delle prossime stagioni sono già stati venduti e in questo momento sarebbero svalutati drasticamente. Ciò che emerge da questo desolante scenario è solo l’amara consapevolezza della morte di quel briciolo di romanticismo che resisteva strenuamente nel calcio. Di realtà provinciali come il Sassuolo o l’Eibar rischia di non rimanere più nulla in un’autocrazia economica sempre più spietata e assolutistica. Risulta infine grottesco l’appello prodigo di moralità di UEFA e FIFA, che negli scorsi anni si sono macchiati di atti ben poco edificanti sia a livello di corruzione che di bieco attaccamento al solo entroito economico (si guardi agli obbrobriosi format della nuova Champions League e del Mondiale del 2026). Ci si appresta a vivere una guerra di avvocati che si preannuncia priva di esclusioni di colpi, dalle cui macerie potrebbero emergere crepe difficilmente reversibili. L’unica triste certezza che ci rimane è quella di un panorama sempre più spietato nel quale chi non si adegua finisce per essere fagocitato dagli egoisti colossi del calcio. Non ci resta che sederci e goderci il macabro spettacolo.