(di Gianluca Guarnieri) Ottobre 1973. Come sempre la situazione politica italiana era in fermento, tra crisi di governo e rimpasti di partito. In politica estera, un mese prima, in Cile, il Presidente Allende era stato rovesciato da un golpe guidato dal Generale Pinochet, e nel Medio Oriente era appena esplosa la guerra del Kippur, combattuta tra Israele, Egitto e Siria.
A gennaio era terminata la guerra del Vietnam grazie alla firma dell’armistizio a Parigi, ma il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon non poteva godersi questo successo, visto che era sulla graticola per lo scandalo Watergate, che nel giro di un anno lo porterà all’Impechment e alle dimissioni.
Il cinema invece, era dominato dall’astro di Robert Redford, attore numero uno al mondo, impegnato da due blockbuster quali “Come eravamo” tra le braccia di Barbra Streisand e il mitico “La stangata”, in coppia con l’altra superstar Paul Newman, per una futura incetta di premi Oscar, sconfiggendo l’altro grande successo hollywoodiano, ovvero il raggelante “Esorcista” firmato da William Friedkin.
Andando al mondo del calcio, iniziava proprio quel 7 ottobre il campionato 1973-74, che sarebbe stato vinto dalla Lazio di Maestrelli e Chinaglia, per il grande dolore del popolo romanista, però i tifosi giallorossi non sapevano che proprio quel giorno sarebbe andato a bersaglio per la prima volta un campione che avrebbe sconfitto tante volte la rivale cittadina (anche quella scudettata…), divenendo a sua volta Capitano, campione d’Italia, ed una immensa ed indimenticabile bandiera: Agostino Di Bartolomei.
Quel giorno la compagine romanista andava ad affrontare il Bologna all’Olimpico, con in panchina il “filosofo” Manlio Scopigno. Per l’allenatore che aveva portato il tricolore in Sardegna grazie a Riva e company, non sarebbe stato un periodo felice e presto sarebbe stato sostituito dal grande Barone Liedholm, ma in quell’occasione avrebbe vissuto una giornata felice. Le cose non andarono subito per il verso giusto e il Bologna al 16′ andò in vantaggio grazie ad un goal di Ghetti. Mancava Capitan Cordova, e il compito di creare gioco toccava proprio a quel ragazzo silenzioso e carismatico nato a Tor Marancia, dotato di un tiro micidiale, che aveva fatto il suo esordio in un Inter-Roma 0-0 di pochi mesi prima. La Roma si riprese dallo shock iniziale e cominciò a fare gioco, spinta in avanti dalle discese furenti di Francesco Rocca. Il pallone non voleva proprio entrare e il primo tempo si concluse in svantaggio per 0-1. Ripresa e la Curva Sud partì con un tifo ancora più incessante e vertiginoso e l’incoraggiamento fece l’effetto giusto. Dopo soltanto 3 minuti, Pierino Prati riuscì a liberarsi dell’asfissiante marcatura di Tazio Roversi e con una stoccata delle sue, fece secco Battara (portiere felsineo), andando ad esultare proprio sotto la Sud, impazzita di gioia. Era l’inizio della riscossa e varie volte i traversoni di Rocca misero in difficoltà la difesa rossoblu, nel cercare la testa di Pierino, sempre temibile nel gioco aereo. Lo spiraglio giusto arrivò al 72′ e la firma fu proprio del grande “Ago”, quel giorno con la maglia numero 10 indosso: cross da destra di Angelo Domenghini e il campione romano si coordinò in modo perfetto, calciando di destro al volo e bruciando il portere Battara, totalmente impotente, di fronte al “missile” scagliato dal 18enne prodotto del vivaio. Un goal bellissimo concluso nell’abbraccio dei compagni, felici di un battesimo del “fuoco” tanto bello. Fu l’inizio di una leggenda, quella di “Capitan Ago”. Una leggenda profondamente romanista. 7 ottobre 1973. Come eravamo…
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