di Elia Faggion
I colpi pesanti per l’Inter sono due: aver pareggiato in casa col Crotone, e pensare che sarebbe potuta andare molto peggio. Spalletti aveva detto di conoscere bene Zenga, ma non lo ha dimostrato: “avranno l’atteggiamento dell’animaletto che esce per mangiare, per poi tornare nella tana”, spiegava il tecnico di Certaldo il giorno prima della gara, parlando del Crotone. Invece l’ex leggenda interista ha preteso dai suoi un atteggiamento dominante, propositivo, aggressivo e senza timore. Questa mossa tattica ha spiazzato Spalletti, l’Inter, e gli spalti di San Siro, che a fine partita ha pesantemente fischiato la propria squadra, ed acclamato invece “l’uomo ragno”.
Non c’è luce in fondo al tunnel: negli ultimi due mesi, in 10 partite, Spalletti ha raccolto 8 pareggi e 2 sconfitte (l’ultima vittoria il 3 dicembre 2017 contro il Chievo). In campionato è il quinto pari consecutivo, dopo quelli contro Lazio, Fiorentina, Roma e Spal. Ora la Lazio con una vittoria si porterebbe a +4, e a sua volta la Roma si avvicinerebbe a -1. Ma a prescindere da numeri e classifica (ad oggi comunque positiva), è difficile esprimere fiducia verso i baùscia soprattutto per le prestazioni: ancora fioche, molli e superficiali.
Solitamente l’Inter crea pochissimo ma concede poco, mentre ieri abbiamo visto un’enorme quantità di occasioni create dal Crotone, che non arrivava al tiro solamente per una scelta sbagliata sull’ultimo passaggio, ma che comunque costruiva potenziali situazioni pericolosissime. Come contro la Spal, e ancor prima contro la Fiorentina, i nerazzurri erano passati in vantaggio grazie ad un po’ di fortuna (colpo di testa di Eder, deviato all’incrocio da Martella), ma si sono fatti rimontare per l’ennesima volta. L’Inter ha perso la capacità di difendere un vantaggio, anche esiguo, e portare a casa quelle vittorie sporche che l’hanno spinta in alto nei mesi autunnali. Un’altra capacità assai sbiadita col passar dei mesi è quella di sfruttare le singole occasioni per indirizzare la partita: quante volte nel girone d’andata Perisic (anche Brozovic e Skriniar) hanno risolto una sfida nel finale grazie ad un colpo, una giocata? Molte. Invece ieri l’esterno croato ha ciccato un ottimo pallone proprio nei minuti finali, colpendolo al volo con il tacco e spedendolo dritto sul fondo. È la sintesi perfetta di un’Inter distratta, frenetica, e senza autostima.
Malissimo Perisic e Candreva (ma questo ormai lo dice da tempo), oltre a Vecino, che aveva iniziato bene per poi scivolare nella nebbia. Bene invece Borja Valero, intraprendente, sintetico e preciso davanti alla difesa nel nuovo 4-3-3 di Spalletti, mutato prima in un 4-3-1-2, e poi in un 4-2-3-1 dall’ingresso di Rafinha. Già, Rafinha, ha mostrato lampi e talento impressionanti. Ha caratteristiche che nel centrocampo dell’Inter oggi non ha nessuno: salta l’uomo, gioca di prima, cerca triangoli con personalità, scende a metàcampo per migliorare la fluidità, e prova anche il tiro senza timore. L’unico aspetto negativo è ancora la sua condizione, decisamente non al top: manca ancora quella capacità di strappo, di cambio di passo per sfruttare lo spazio aperto dopo un dribbling o una combinazione riusciti.
La rinascita dell’Inter potrebbe decisamente passare per i piedi di Rafinha, ma anche tra quelli di Eder, che ieri, gol escluso, è stato uno dei migliori. Ha con grande generosità per la squadra, c’è da chiedersi se Spalletti non lo possa schierare assieme ad Icardi (i due giocavano insieme anche alla Samp), che ieri mancava per infortunio, ma che tornerà in campo già dalla prossima settimana. In questi momenti c’è inevitabilmente bisogno del capitano, per cercare una luce che, in fondo al tunnel, sembra proprio non esserci.