di Giorgio Dusi
È stata soltanto la legge del più forte, di chi ne ha di più, di chi a queste partite ci è più abituato, a condannare l’Atalanta. Nel recupero, per mano di un supereroe con il killer instinct di un villain. Al Westfalenstadion lo scenario si è modificato in corsa continuamente: sembrava la notte della Dea, ma poi è subentrato – e passato in vantaggio – il Borussia. Poi è diventata la notte di Josip Iličić, infine quella di Michy Batshuayi. In ogni caso è stata una notte che, nonostante il risultato, l’ambiente nerazzurro non dimenticherà facilmente.
Il 3-2 finale dell’andata non pregiudica per i nerazzurri il passaggio agli ottavi di finale. Ma Gasperini, ripensando alla partita, può portarsi dietro più di un piccolo rimpianto. Perché la sua Atalanta ha prima tremato, poi accusato un eccesso di sicurezza. Nel primo tempo i palloni persi a centrocampo erano dettati dalla paura di Remo Freuler, dall’incertezza, dall’asfissia del pressing dei quattro attaccanti schierati in campo da Peter Stöger. La ripresa ha restituito al campo un’Atalanta diversa, convinta. Anche troppo. E se è vero che come ha affermato lo stesso Gasperini “chi non rischia non vince”, i suoi sono andati leggermente oltre il limite. Quel tanto che bastava per perdere altri palloni e dare sfogo alle ripartenze del Dortmund.
Poteva andare peggio: Schürrle e Pulisic si sono contenuti, hanno staccato e riattaccato la spina a seconda del momento; Reus è apparso ancora troppo indietro fisicamente; Batshuayi però non ha perdonato il minimo sgarro. E ha rimontato con la sua doppietta quella di Josip Iličić, che per venti minuti abbondanti nella ripresa ha tenuto sotto scacco i 75mila del Westfalenstadion. Pendevano tutti dal suo mancino, sia nerazzurri che gialloneri, dal suo straordinario estro, dalla sua incredibile incisività nelle giocate. Ha mostrato ancora una volta di avere concretezza, tema su cui è stato più pizzicato nel corso degli anni (insieme all’incostanza). Dopo la partita di ieri è anche difficile controbattere.
Lo sloveno ha giocato per sé e per Gomez, apparso ancora spento, poco in condizione, andato ben oltre le proprie possibilità fisiche in un momento di stagione piuttosto complicato. Lo ha aiutato Cristante, che si è spesso scambiato la posizione con Iličić. Loro due e Spinazzola hanno portato i maggiori pericoli dalle parti di Bürki specialmente quando hanno trovato campo da attaccare. Sono andati a nozze con i ritmi alti. Meno bene è però andata al centrocampo. I quattro attaccanti schierati dal Borussia recuperavano e pressavano costantemente i mediani dell’Atalanta, andati in apnea, soprattutto Freuler. In un centrocampo dominato da Julian Weigl per lucidità e qualità delle giocate in entrambe le fasi.
Poi nel recupero è arrivato l’ultimo colpo di coda di Batsman, la sua doppietta personale e il 3-2 che ha chiuso i conti per la gara d’andata, ma non per la qualificazione. Il gol del belga sporca una serata che poteva essere magnifica: tornare da Dortmund con un risultato positivo avrebbe forse avuto tutt’altro sapore. Ma i rimpianti meglio lasciarli in campo. Per l’ambiente Atalanta contava esserci, così come conterà il ritorno. Da affrontare a testa alta, perché la qualificazione è ancora possibile. E non sempre è la legge del più forte a determinare.