Giovanni Rosati
Ci sono due diverse letture del posticipo della 18^ giornata tra Inter e Napoli e la prima è quella strettamente calcistica. Una partita equilibrata, in cui le due squadre si sono divise una frazione a testa e hanno duellato non trovando numerosissime occasioni da gol ma mettendo in mostra mosse e contromosse tattiche, tocchi pregevoli e intuizioni da fuoriclasse. Una partita in cui abbiamo assistito alla coraggiosa scelta di Callejon terzino destro, a due chiusure da extraterrestre di Koulibaly e al salvataggio sulla linea di porta di Asamoah che ha evitato la sconfitta in superiorità numerica in zona Cesarini ai padroni di casa. Una partita in cui finalmente Lautaro è riuscito a salire sul piedistallo infilando la zampata vincente nei minuti di recupero e dando alla sua Inter la vittoria che l’ha riportata a -5 proprio dal Napoli secondo, ma soprattutto a +5 dalla Lazio quarta.
Poi c’è un altro punto di vista. Quello dei circa sessanta pseudo-tifosi arrivati alla colluttazione nei pressi di San Siro prima del fischio d’inizio di questo Inter-Napoli, dei quattro accoltellati e della persona investita da una macchina in quel campo di battaglia e ora in condizioni gravi su un letto d’ospedale. Quello di una parte dei più di sessantamila tifosi accorsi sugli spalti del Meazza, di quelli che dal primo al novantatreesimo minuto hanno fischiato e ululato in direzione di Koulibaly. Quello dello stesso senegalese, che ha sfogato sull’arbitro tutto il proprio giustificato malessere psicologico attraverso lo stupido applauso che è alla fine costato a lui l’espulsione e al suo Napoli la sconfitta. Quello di Insigne e Keita, che nel quarto d’ora di convivenza sul prato di San Siro si sono insultati, rincorsi, tirati le orecchie e presi a calci in modo vile.
Noi ripartiamo dalle parole di Ancelotti a fine gara: “Bisogna sapere quando viene sospeso un match. Dopo 3, 4 o 5 annunci dello speaker? Perché altrimenti ci fermeremo noi la prossima volta. Magari perderemo la partita a tavolino, non lo so. Ma noi siamo pronti a farlo”. E non si tratta di essere o no nel periodo natalizio, nel calcio non ci devono essere coltelli, ululati, insulti o vigliaccherie di sorta. Il calcio è un gioco ed è un patrimonio che non va rovinato. E noi ci siamo realmente stancati di doverlo ripetere.