Matteo Quaglini Minuto ‘116 del secondo tempo supplementare della semifinale di Coppa dei Campioni, in terra fiamminga. A Bruges, Aprile 1978. La squadra di casa muove veloce il pallone sulla corsia sinistra e subito appare sbilanciata la granitica difesa della Juventus di Giovanni Trapattoni. La palla passa inesorabile, mentre gli juventini corrono affannosamente a chiudere, allungata fin verso il secondo palo da una traiettoria tagliente. Come l’aria rarefatta dalla brina ghiacciata che sta avvolgendo la città.
Il grande Dino Zoff è tagliato fuori dall’intervento. Spunta sul teleschermo il piedone destro di René Vandereycken che ha seguito l’azione, lui centrocampista. E’ uno dei moniti – seguire sempre l’azione fin dentro l’area – del più gotico tra i gotici, Ernst Happel l’unico allenatore a portare tre squadre diverse nella finale dei “Campioni”. E’ gol, a Londra a giocare la finalissima nel mitico Wembley va il Club Bruges.
La delusione della Juventus è grande, grandissima. Pari al tempo che impedisce in quattro minuti i sogni di una contro-rimonta incredibile. Questa rete, una delle 63 di René Vandereycken, è il manifesto dei grandi nemici di Juventus e Modena: si perché anche la mitica squadra di pallavolo ha dovuto affrontare alcuni avversari capaci di procurargli sconfitte brucianti e infausti ricordi sugli allori dorati della via Emilia. L’elenco è lungo e caratterizzato da ricercati alla wanted come si faceva nel vecchio West: dagli spagnoli dal gioco tanghero, ai serbi dalla fede incrollabile, dagli sloveni glaciali, ai russi barbuti e sognatori, fino ai brasiliani dal tocco felpato e agli italiani indomabili.
In fondo Juventus e Panini Modena sono due imperi e l’idea di raccogliere in un pantheon i loro più grandi nemici lungo i 100 metri di un campo da calcio o gli 81 di un parquet da pallavolo nasce da un libro. Alcuni anni fa Philip Matyszak pubblicò “I grandi nemici di Roma antica”, una imperdibile raccolta dell’impero romano sfidato da personaggi estremi ed audaci. Nel racconto della loro temerarietà, del loro coraggio, delle loro gesta avvincenti c’era la stessa spavalderia dei grandi sfidanti delle squadre volute vincenti da Edoardo Agnelli e da Giuseppe Panini.
Chi sono stati dunque, gli Annibale e i Vercingetorige di Juventus e Modena? Chi le ha contrastate come fece Attila? Chi ha provato a saccheggiarne il tesoro della vittoria, come fecero i Visigoti e i Vandali di re Genserico? Di René Vandereycken abbiamo già detto, ma oltre al totem dell’irriverenza ci sono altri incredibili e fiabeschi personaggi. Il primo fu l’austriaco Josef Hamerl attaccante del Wiener la migliore squadra austriaca degli anni ’50. Lo zio Josef è stato un cecchino, in ossequio alla mitologica figura della piccola vedetta austriaca o prussiana. Grande di corporatura, affrontò la Juventus di Sivori, Charles e Boniperti la prima sera dell’Ottobre 1958 al Praterstadion di Vienna.
Ora, Josef Hamerl ha segnato 5 gol in Coppa Campioni: quattro di questi li fece quella sera lì, alla Juventus. Ricordando altri cavalieri del mondo teutonico o altri principi d’Austria come Matthias Sindelar, Ernst Ocwirk e Hans Krankl, inflisse a sua maestà degli scudetti il famoso 7-0 che rimane la sconfitta più roboante della casata juventina. Da un principe austriaco ai cosacchi della steppa, il passo sull’asse pallavolistico è presto fatto. Se il Wiener – oggi nella 3 serie Regionalliga austriaca – è la squadra più antica dell’ex impero degli Asburgo, il Lokomotiv Belgor’e è stato per alcuni anni il gruppo simbolo del rilancio della pallavolo russa, avamposto vincente anche prima della nazionale e dello Zenit.
Quando Napoleone si ritirò da una Mosca che bruciava per impedirgli di dominarla, sulla strada del ritorno con l’arméé collassante sfiorò i temutissimi cosacchi che al contrario dell’esercito in rotta davano del tu alla steppa. I cavalieri d’oriente non si accorsero che lo slittino che era a pochi metri da loro trasportava l’imperatore, il nemico numero uno di madre Russia. I due cosacchi della Lokomotiv riconobbero, invece, da subito il grande rivale Modena nella finale di Coppa Campioni
2003. Era a Milano la finalissima tra i russi Vadim Khamuttskikh e Sergey Tetyuchin marescialli barbuti e dalla buona classe della Lokomotiv di allora, che davanti a 12.500 affezionati della palla in aria batterono Modena tre volte campione d’Europa. Le alzate più del solito precise di Khamuttskikh – uno che era capace di ribellarsi a Platonov, tanto per capire con chi abbiamo a che fare – e le schiacciate non potenti ma affilate come rasoi del colonello Tetyuchin portarono in trionfo i russi eredi legittimi del grande Cska Mosca passato alla storia come l’Armata rossa della pallavolo.
E nelle fila di un altro Cska, quello di Sofia, nacque e giocò Nikola Kovachev difensore bandiera dei rossi di Bulgaria che sapeva come Facchetti, Cabrini e Maldini segnare nell’area piccola degli avversari. Un uomo che ha vinto 15 campionati e 5 coppe di Bulgaria certo non ha timore dei grandi, nemmeno di quelli che di nome fanno Juventus. Il 12 Ottobre del 1960 allo stadio Vasil Levski, il giocatore che porta dentro il suo cuore Blagoevgrod, la città dei suoi natali, fa doppietta: al ’19 e al ’55 minuto. Una punizione e un colpo di testa dentro l’area a sancire il secondo addio della Juventus alla grande coppa.
Il cuore si sa è un grande motore se si lascia andare e il cuore di Kovachev era lo stesso di quello di Felo, Del Sol e Tejada che a Parigi segnando i tre gol partita gettarono il loro oltre l’ostacolo di una grande Juventus capace di vincere a Madrid e di portare alla bella Di Stefano e i suoi pretoriani. Lo stesso cuore oltre l’ostacolo che in una finale giocata a Modena seppe mettere Tine Urnaut martello di punta della poco conosciuta Ach Volley Bled, squadra slovena. Nel Marzo del 2007 va in scena al “Tempio” la finale della Top Teams Cup e il pronostico è tutto per Modena. Tine è però un giocatore regolare con il suo preciso bagher di ricezione, non ha un colpo forte in attacco ma sa lavorare sulle linee del campo e vedere il gioco. Arriva per Modena una sconfitta dolorosa che conferma come la geografia della pallavolo si evolva e come gli sloveni con il loro gioco misurato siano una piccola realtà, ma di grande qualità.
Il Rheinstadion di Duesseldorf è pieno nel Marzo del 1976, il campo in perfetto ordine e il Borussia di Monchengladbach attacca a più non posso. Uli Stielike apre il gioco a sinistra e immediatamente, come nei gialli di Agatha Christie, l’attenzione di tutti è su quella parte del campo: da dove parte insidioso un cross che quattro difensori della Juventus sono pronti a respingere. Sembra una giocata spenta sul nascere, ma in mezzo all’area c’è Jupp Heynckes l’unico attaccante a vincere la classifica marcatori in tutte e tre le coppe europee di allora.
E per uno che ha segnato in ogni dove, quella palla è oro. Si incunea al centro e con un esterno destro in giravolta manda il Borussia in vantaggio e la Juventus all’inferno. Una delle grandi qualità della Signora degli scudetti è saper reagire, ma poco dopo si palesa un altro grande nemico che chiude con un dai e vai, i giochi. E’ Allan Simonsen, un danese piccolino che assomiglia a re Valdemaro III di Danimarca. A differenza del re, però, l’altro danese ha tenuto per più anni il magistero del regno tra palloni d’oro, gol in tutte le finali e anche, il 2-0 a madama.
All’appello mancano i grandi fuoriclasse, quelli che giocano come Annibale guidava le sue elefantiache truppe. Il primo è la pantera nera Eusebio, mito alla Muhammad Ali. Il 9 Maggio del 1968, in giorni che nel mondo europeo sanno di rivoluzione sociale, entra in area con l’agilità dell’animale che lo incarna e con un tiro parabolico di esterno, che vale il destro del famoso pugile, batte Anzolin portiere della Juventus herreriana. Il festeggiamento braccia al cielo a equilibrare il corpo che balla la sua gioia, danno l’idea dell’impresa: il Benfica è per la quinta volta in finale e ha battuto un grande rivale.
Anche il secondo fuoriclasse parla portoghese, si chiama Renan ed è stato uno dei più grandi attaccanti completi della pallavolo. Nel 1990 Modena l’avversario di sempre è campione d’Europa, ma la classe del brasiliano è eccelsa nel superare con elevazione e colpi in mezzo e alle spalle del muro, la difesa del grande rivale in un 5°set in cui cominciarono a crollare le certezze della Panini, di lì in poi sempre battuta.
Quella partita di Super coppa fece conoscere un nuovo nemico ancora: gli indomabili. Quei giocatori che non mollano un centimetro di fronte ai più forti, sfidandoli sempre negli occhi come faceva Leonida davanti al lupo perché essi stessi sono il lupo.
Con questa sovrapposizione degli occhi dei lupi negli occhi di Rafael Pascual e Nicola Grbic
Modena fu battuta a Bree, in Belgio come anni prima la Juventus. Due guerrieri che se andavano sotto sapevo rimontare: la qualità dei grandissimi. Ecco il tratto distintivo di questi avversari aggressivi e tecnici, il saper vincere dopo aver inizialmente perso. Modena avanti 1 set a 0 perde alla fine 3-1 e Cuneo delle schiacciate spagnole e dei palleggi serbi, è in trionfo. E campione di Super coppa.
Il più combattivo tra i guerrieri che hanno sfidato la Juventus è stato Roy Keane, nato a Cork irlandese puro sangue, 323 partite nel Manchester United, capace di discutere con Brian Clough e Alex Ferguson senza nessuna paura. Un giocatore così non può mollare se va sotto 2-0 come nella semifinale dei Campioni 1999. Dentro di se ha già l’esperienza necessaria a lottare fino all’ultima stilla d’energia come facevano i ragazzi scozzesi contro re Platangeneto. Lo ha già fatto anni prima, rimontando il Tottenham di Paul Gascoigne, segnandoli 3 gol memorabili. Il gol del 2-1 a Torino dimezza quelli di Inzaghi e apre alla vittoria per 3-2, viatico della trionfo dei trionfi nella finale di Barcellona.
“Al final della tenzon io tocco..” diceva Cyrano De Bergerac spadaccino scrittore francese, reincarnatosi nel calcio in Wesley Snejder e nel peruviano più famoso di Germania, Pizarro. Loro sono stati gli stoccatori della fin della tenzon: a Torino per lo 0-2 del Bayern poi campione nel 2013; e nella fanghiglia di Istanbul una Champions dopo. Una Juventus battuta dai fini dicitori come Modena in quelle partite che abbiamo visto, fu battuta anche da Samuele Papi fuoriclasse del tocco di fino pallavolistico.
Dunque ora possiamo rispondere alla domanda iniziale: sono stati loro, tra tutti, i grandi nemici di Juventus e Modena, loro perché i più suggestivi, i più iconici nel gesto tecnico, i più sfrontati nel momento in cui il pronostico era tutto per le due regine. L’ultimo tra questi nemici nobili ci serve per raccontare i giorni nostri, quelli della contemporaneità sportiva. Un cross, una sospensione in aria, un fermo immagine che ricorda Riva e Hugo Sanchez, un gol nell’angolo del portiere migliore, Buffon. Il gol copertina di Cristiano Ronaldo alla Juventus nell’Aprile del 2018 chiude cinquant’anni di lotte tra l’impero e i suoi nemici europei e apre, oggi che Ronaldo gioca e segna per la Juventus a tutte le squadre di serie A, alla massima di Toro Seduto: “Quando il tuo nemico è grande, allora grande sarà la tua vittoria”. Juventus e Modena sono tali anche perché hanno avuto grandi, rispettabilissimi, nemici.