(di Gianluca Guarnieri) E’ quasi strano pensare a Bruno Conti come ad una uomo che arriva alla mezza età, visto che mantiene un aspetto quasi adolescenziale, in una sorta di riproposizione di “Benjamin Button” calcistico. La “piccola ala che vola sui sogni” ha segnato un’epoca, senza dubbi o paure di retorica, in una Roma che ha fatto la storia, tra la saggezza di Liedholm, l’acume di Dino Viola, il carisma di Falcao e la riflessività di Agostino Di Bartolomei. Bruno è stato la fantasia al potere, la genialità e l’imprevedibilità portata allo “zenit”, con un piede sinistro degno della migliore tradizione mancina, alla pari dei sudamericani. Scartato in maniera colpevole da Herrera, ma portato in prima squadra dall’occhio clinico del grande “Barone” svedese (rubandolo al baseball, imperante nella natia Nettuno), Brunetto fece vedere subito la sua classe, camminando sullo stesso percorso di grandi ali destre del passato, vedi Causio, Domenghini e Claudio Sala, facendo vedere anche qualcosa di più, con un tiro di sinistro fulminante come un laser. Primo goal in serie A alla Juventus e a Dino Zoff, un goal vittoria nel Derby a Felice Pulici bello come poche cose al mondo, e poi una coppia con Roberto Pruzzo da favola (legame già tratteggiato nel Genoa di Simoni), con uno assistman perfetto e l’altro stoccatore micidiale. La maglia azzurra fu quasi automatica, e di lì il titolo mondiale 1982. In Spagna, Brunetto divenne una star assoluta, capace di oscurare persino fenomeni come Maradona e Zico, meritandosi il soprannome di “Marazico”, facendo persino goal con il destro contro il Perù, incredibile per un sinistro totale come lui. Anni meravigliosi, con lo Scudetto del 1983 che fece da corollario indimenticabile ed una città impazzita per il ritorno del tricolore sui Sette Colli dopo un’assenza di 41 anni. Bruno protagonista, nel bene e qualche volta nel male, come nella finale di Coppa Campioni contro il Liverpool, e quel maledetto rigore sbagliato. Errore che fa scendere sempre una lacrima dagli occhi e nel cuore del piccolo fantasista. Una carriera donata alla Roma, e i tifosi non lo hanno mai dimenticato. Il suo addio al calcio, il 23 maggio 1991 è entrato nella storia con 80.000 tifosi che salutarono il loro piccolo eroe, in proscenio d’affetto assoluto, autentico trionfo di sentimenti. Fu il termine del calcio giocato, ma il calcio e la Roma restarono nella vita di “Marazico”, portandolo dall’altra parte della linea di gioco. Nel settore giovanile è riuscito a mettere a frutto la sua esperienza, facendo assurgere alla celebrità molti giovanotti di belle speranze, facendosi trovare pronto anche quando la prima squadra lo richiese, vedi nel marzo 2005, proprio il giorno del suo 50° compleanno, nel giorno dell’esonero di Delneri. Conti c’era e rimise le cose a posto, in una stagione altrimenti tribolata e piena di stenti, portando la squadra ad una finale di Coppa Italia. Un mito assoluto, come mitiche restano le sue corse sotto la curva Sud, inginocchiato davanti allo striscione del Commando Ultrà dopo un goal. Magico Brunetto, e “di Bruno ce n’è uno…”. Sempre e per sempre.