di Mattia Deidda, 10/05/2016
Francesco Totti, Miroslav Klose, Luca Toni, Antonio Di Natale, Sergio Pellissier, Franco Brienza. Non è una formazione di calcetto, bensì i sei marcatori più anziani della Serie A. La stagione calcistica 2015/16 ha lasciato in eredità grandi storie da raccontare, ma allo stesso tempo importanti ragionamenti da affrontare. Considerando i cinque principali campionati d’Europa, sei dei dieci giocatori più ‘vecchi’ con almeno un gol alle spalle in questa stagione giocano in Italia.
Dei giocatori citati prima, solamente Di Natale con un gol non è riuscito ad essere protagonista. Totti (classe 1976) con cinque gol in totale, di cui quattro realizzati recentemente, ha risolto le ultime gare; Klose (classe 1978), con sei gol in totale, è l’uomo simbolo dell’approdo di Inzaghi sulla panchina biancoceleste; Toni (classe 1977), è riuscito a raggiungere quota sei gol nonostante un infortunio al legamento collaterale; Pellissier (classe 1979), cinque gol in totale di cui due pesantissimi per la lotta salvezza; Brienza (classe 1979), tre gol ed un campionato che l’ha visto protagonista con anche cinque assist.
Sicuramente bello dal punto di vista romantico, dove la vecchia guardia continua a dimostrare partita dopo partita come non si arrivi a questo livello per caso. Certamente problematico, se si pensa che attualmente non c’è nessuno giovane, o meno giovane, pronto a prendere il posto dei calciatori appena citati. Potrebbe essere ingiusto cercare in Italia dei sostituti per Totti e Klose, campioni indiscussi di un categoria superiore, giocatori che rimpiazzare pienamente è impossibile. Ma rimane difficile accettare il fatto che giocatori normali, diventati grandi con il tempo, come Toni, possano ancora dire la loro. La spiegazione non può che essere una: il livello del campionato. Basso, troppo. Non è una critica agli ‘anziani’ della Serie A, che paradossalmente mantengono il livello più alto, ma un dato che non può essere nascosto. Salvo qualche rara eccezione, i ritmi sono sempre lenti, schiavi dell’eccessivo tatticismo difensivo, marchio di stampa italiano. Non è un caso che Higuain, campione assoluto, abbia realizzato trentatré gol quest’anno: sicuramente merito di Sarri, altrettanto sicuro (de)merito del campionato, non all’altezza di bloccare lo strapotere dell’argentino, che in tre anni in Italia ha portato a casa qualcosa come 73 gol.
E’ un discorso complesso, che vede le proprie radici nelle fondamenta del calcio italiano: settori giovanili pressoché inutili, poco coraggio nelle scelte degli allenatori, risultato che rappresenta l’unico vero Dio, considerando la prestazione della squadra qualcosa di secondario, quando in realtà dovrebbe essere la cosa più importante.