di Daniele Izzo
Chi ama la fotografia lo saprà bene: quando si esce per una gita fuori porta ricaricare al meglio il proprio attrezzo, o avere batterie a sufficienza, è fondamentale per la riuscita della giornata. Trovarsi nel bel mezzo del sentiero, dopo aver raccolto qualche scorcio e nulla più, senza più carica nell’obiettivo invaliderà parzialmente l’esito della giornata, obbligandoci a riporre nello zaino quella macchina fotografica che, con qualche tacca in più, ci avrebbe permesso di cogliere gli splendidi panorami di vetta.
Solamente un anno fa la Lazio sembrava aver trovato la formula perfetta per gestire al meglio le pile del proprio strumento: qualche scatto, bellissimo, nei primi minuti e carica accumulata fino al recupero quando, con il traguardo vicino, riusciva a sprigionarla tutta assieme. Immobile e compagni che, così, vincevano a Brescia, all’ultimo respiro, e accumulavano forze per una rincorsa che li portò a scattare fantastici panorami dalla vetta della Serie A. Poi tutti sappiamo com’è finita. Il lock-down, l’impossibilità di uscire e un’attitudine gestionale che la squadra di Simone Inzaghi sembra aver lasciato al marzo 2019.
Ora, 365 giorni dopo, la formazione capitolina deve ancora smaltire i problemi e le insicurezze causate da quel periodo, dal repentino cambio di temperatura tra l’altura e la pianura della classifica, che sembra aver del tutto azzerato la carica biancoceleste. A Genova, come già successo spesse volte dalla ripresa delle ostilità in giugno, la Lazio gestisce male la batteria: parte forte, va in vantaggio (decimo gol di Immobile in altrettante trasferte: ennesimo record per il bomber di Torre Annunziata), costruisce e spreca, prima di veder il pallino verde del proprio apparecchio spegnersi improvvisamente poco dopo il giro di boa. Black-out, contropiede magistralmente gestito dall’uzbeko Shomurodov, che lascia Leiva ad ammirare la Gradinata Sud vuota, e destro di Destro che fulmina Reina. Il Genoa approfitta di un problema, che ormai in casa Lazio è diventato manifesto, e strappa un punto fondamentale per la rincorsa al mantenimento della categoria.
L’anno è cambiato, da poco, ma i biancocelesti, in versione Duracell, che riuscivano a stupire per tutti i novanta minuti e, spesse volte, ribaltare le partite nel finale non ci sono più. È rimasta una squadra sciupona, macchinosa, ingolfata, altalenante e scarica, fisicamente e mentalmente, che dal dopo lock-down non si è più riconosciuta davanti lo specchio. Il treno che dall’Italia porta a poter fotografare le bellezze d’Europa sta per partire e la Lazio è visibilmente in ritardo. Tic, toc, tic, toc … il tempo scorre.