di Daniele Izzo
Per chi se lo stesse chiedendo, si, questo è il miglior Immobile di sempre. Gol, in determinate annate, ne sono arrivati anche di più, ma mai il bomber di Torre Annunziata era apparso così decisivo, così maturo, calato in un contesto nel quale è allo stesso tempo torta e ciliegina.
Nella sua miglior stagione a livello realizzativo, la scorsa, sembrava che segnasse quasi per dispetto, per sfizio. Campionato o Coppa Italia non faceva differenza: una macchina. Alla fine dell’anno calcistico furono 39 reti in 44 presenze; 36 in campionato, come Higuain. Risultato? La Scarpa d’oro. Eppure, nonostante il clamoroso rendimento realizzativo preso in analisi, è lecito pensare che l’Immobile versione 20/21 si sia ulteriormente migliorato. Ha abbandonato il cortile di casa per spostarsi in quello più grosso del vicino e ciononostante i gol sono sempre arrivati, in barba a chi lo sminuiva con la più classica delle ‘segna solo in Italia’. Ha trascinato la Lazio in Champions League dopo tredici lunghi anni apponendo 5 volte la firma al tabellino in appena 4 presenze: un gol ogni 65’ minuti. Ma non solo. Le esigenze di un calendario ristretto e le assenze dovute alle positività al Covid, infatti, hanno levigato le caratteristiche tecniche del bomber implacabile restituendo a Simone Inzaghi un giocatore più completo che mai. Prima punta ma con movimenti da seconda, come ammirato a Bergamo; seconda in appoggio agli arieti Muriqi e Caicedo; unico riferimento per compagni meno inclini all’attacco della profondità, come Luis Alberto e Andres Pereira; anche trequartista, quando c’è stato bisogno di provare a recuperare qualche risultato. Un’evoluzione che lo ha portato addirittura a batter i calci piazzati nell’ultima sfida di campionato al Cagliari.
La Lazio gli ha regalato la gloria eterna. E non è casuale: la seconda vita di Immobile è ripartita da una squadra e da un allenatore che lo hanno voluto fortemente, lo hanno coccolato, riportando il suo orologio calcistico agli anni di Torino, o, forse ancor meglio, di Pescara. È la storia di Ciro, è la storia della Lazio: cadere per rialzarsi, più forti di prima. Quattro anni e mezzo di biancoceleste per sublimare uno status che l’attaccante di Torre Annunziata ha sempre avuto in sé. Una crescita sua, e della società tutta, culminata nella creazione di un gruppo che si esalta e viene esaltato dalle caratteristiche del 17.
Allora si, per tutti questi motivi: è il miglior Immobile di sempre. Gol, assist, sacrificio, forza, classe, sfide, tutto in funzione della squadra. Vince e fa vincere perché è forte, letale, scaltro. Perché sente il pallone sotto i piedi mentre il fiuto ha già disegnato la porta. È un segugio di reti. Ma non solo: è tracotante. È onnipresente un tutto ciò che riguarda la Lazio. È Ciro-presente.