di Gianni Massaro
Palla c’è palla non c’è, sindrome del ‘treguardo’ per Romelu Lukaku con esito diverso, altamente opposto.
Dalla coppa al campionato, dalla toppa messa per gli altri alla vetta con colpo arpionato, dall’autunno alla primavera, da San Siro a San Siro.
Dalla tormenta a un cammino solo da onorare, coronare, 9 dicembre 2020 a 23 maggio 2021: tutta una storia densa di epiloghi.
Shakhtar Donetsk Inter, in Ucraina 0 a 0 ma l’Inter aveva creato, e sciupa, come sciupa. L’ultimo capitolo dei gironi contro lo Shaktar tra mura amiche, nonostante qualche squillo vivace zero reti, inviolate porte.
Inter persino fuori dai giochi europei con gli avversari allenati da L.Castro terzi approdati in Europa League. Sfortuna e danno economico costituiranno un corposo trampolino di lancio interista.
Udinese e Shaktar, lontane ma vicine.
Cinque e cinque, si chiude un cerchio: pokerissimo era stato nella stagione 2019-20 contro i ragazzi allenati da Castro nella semifinale di Europa League prima dell’ultima battaglia perdente col solito Siviglia vincitore.
Lì Lu-La in duplice doppietta e il graffio del valore aggiunto Danilone D’ambrosio; nel 5 a 1 frullato assortito e servito ai friulani senza marcature multiple e con la costante Lu-La a segno.
Inter sempre insaccando in A, eccezione unica nella A 2020-21 proprio a Udine, zero a zero contro la formazione di Gotti.
Al bivio di una trionfale futura marcia, lì mancato l’assalto al Milan sconfitto dall’Atalanta 0 a 3, un sorpasso solo posticipato alla terza giornata del girone di ritorno.
Un intralcio di prolifica vena l’Udinese, a maggio una delle sfidanti a verdetto tricolore già scritto, diciannovesimo scudetto ufficiale, ultimo tratto di un apice già assaporato e gustato.
Se in Europa il netto successo contro i Minatori in arancio nero avevano dato speranze per una prima affermazione del ciclo contiano in modo opposto si erano rivelati a pochi mesi come impedimento in pista al decollo interista.
Tabellini aridi, tondi avari in voce prolifica, due 0 a 0, non bastano ad abbattere una furia che sterminerà in patria. Sconfitta nel ritorno solo dalla Juve (anche in Coppa Italia), l’Inter ha superato magistralmente lo scoglio dell’eliminazione europea e la mancata assunzione di corona invernale.
Staccati i cugini staccati tutti gli antagonisti, si tiene la festa nel pomeriggio del 23 maggio.
Brezza felice iniziata presto a spirare, da Benevento, con Lukaku.
Nel primo minuto a segno contro le Streghe, del belga l’ultima gemma 2020-21, uomo simbolo.
Gol fortunoso l’ultimo rifilato all’Udinese, ricorda in funzione simile e contraria quello ‘sradicato’ a Sanchez
in Champions nella sfida cruciale contro i Castrori -denominati Talpe- dell’Est Europa, squadra dall’humus brasiliano in trincea difensiva.
Un tiro secco del Toro Martinez stampato contro la traversa lo spartiacque stagionale, con la squadra presto ricompattata.
Con l’Udinese la fina di un’esaltante marcia, con pallone sbattuto sul legno e poi flipper sul petto di Romelu.
Lento ad agire per due volte, contesti, orari, stagioni e sapori completamente differenti.
Col club di Pozzo dalla composizione massicciamente argentina la sindrome leggermente dormiente- metaforicamente e scherzosamente- replicata dal bomber belga. La sindrome del ‘treguardo’, ossia adocchiando incosciamente in anticipo la fine della traiettoria o ritardando i riflessi, Lukaku pare quasi metta in pausa un paio d’istanti il cervello calcistico.
La palla si adagia sul possente corpo e va in rete, dopo un tentativo finito sul palo sempre scaturito dal piede di Sanchez.
Ancora che galleggia, il cileno con contributo prezioso, autore del gol che ha riaperto la partita a Milano contro il Toro, Inter sotto di due gol vincerà alla fine 4 a 2 non senza fatica, o il gol che ha indirizzata l’infida trasferta di Sassuolo, o la doppietta al Tardini: decisamente meglio del connazionale Vidal.
E avrebbe potuto timbrare un gol ancora più pesante con lo Shaktar se un inconsapevole infedele Lukaku avesse spostato il capo.
Gioverebbe all’Inter un vice del belga, per stracciare la piccola maledizione dei gironi di Champions, e facendolo rifiatare così da scardinare pure più facilmente bunker iper organizzati difensivamente.
Shaktar Houdinonetsk ( Harry, ‘Harry’ Up), palla c’è non c’è, addio fase diretta compensando attraverso l’inizio d’una grossa fetta di scudetto presa.
Esemplare alfiere quasi fino alla fine: in qualche occasione a Romelu è mancato il guizzo felino in una stagione da apporto inossidabile.