di Gianni Massaro
Era il 2006-07, alla Roma la Coppa Italia, nel 2007 arrivò anche la Supercoppa italiana e in seguito ulteriore Coppa Italia sotto la guida di Spalletti, contro il Mancio interista, due futuri allenatori a San Pietroburgo.
Il rigore di De Rossi a deciderla nell’agosto 2007, mentre Panucci è il grande protagonista del confronto nel primo dei due atti di coppa, la Magica si porta sul 3 a 0: Totti-De Rossi-Perrotta.
Finirà 6 a 2, doppietta di Panucci, sbloccata al primo la gara dal Pupone si stabilizza nel tabellino al minuto 89 con la rete del difensore ligure.
Crespo ex laziale in vana doppietta, occorre quasi un miracolo, il 2 a 1 del ritorno (Crespo e Cruz a portare sul 2 a 0 e Perrotta ad ottantesimo inoltrato ad accorciare le distanze e sancire praticamente il verdetto) inutile.
Ancora contro l’Inter manciniana l’atto decisivo nel maggio 2008, Mexes e Perrotta ad incanalare e Vitor Hugo Gomes Passos noto meglio come Pelé ad accorciare le distanze.
Nelle sfide secche o in due tronconi i giallorossi sanno farsi valere. La luce si va spegnendo dal 2008.
Nel 2010 la Magica risulta una delle vittime dell’Inter in triplete, precisamente LA rivale. 80 a 82 i punti in A oltre alla finale della Coppa Italia persa sotto un colpo dell’irresistibile Milito. Spalletti è foriero degli ultimi titoli in sostanza e costanza pre avvento di Mou.
Li chiamano titolini, altre volte titoloni a secondo dell’attimo interiore vigente, caloroso o rigente.
Quando i procuratori erano ancora poco protagonisti e si andavano ad ammainare le bandiere variamente abili, da Totti a Maldini giungendo ad esempio ai fedelissimi con qualche casacca in più indossata nell’arco della carriera come Del Piero, Palombo, Daniele Conti.
Insigne silentemente tra difficoltà e momenti tormentati ha rappresentato tanto per il Napoli con il picco in Nazionale corrispondente ad una stagione con uno dei peggiori piazzamenti napoletani nell’ultimo decennio e col record prolifico in A di Lorenzinho: 19 timbri.
Uno dei pochi a lasciare Raiola come il suo vecchio capitano Hamsik e Lukaku.
Hamsik ha avuto un percorso formidabile seppur poco longevo a sommi palcoscenici, Lukaku dal 2018 a Milano si è insediato alla grande.
Dimostrazione di come Raiola sia abile a cambiare i portafogli e non la personalità dei giocatori; Lukaku si è issato sul tetto d’Italia, ad Hamsik è mancato poco ma è rimasto impresso nei cuori napoletani, grosso simbolo della rinascita nel nuovo millennio.
Insigne emblema, tra i pochi ribelli, sotto il segno del rapporto complicato.
Raiola ci sa fare, Lorenzo pure ed ha avuto palese apice illustre nell’estate 2021 col Mancio in azzurro.
Per la personalità e la chiarezza di una persona applicata alla professione menzionabile dunque l’esterno azzurro,
e a Mino tocca ‘solo’ l’abilità di saper accrescere i guadagni degli assistiti.
Scusa se è poco. Scusa se è poco. Abatantuono dixit.
Intanto il ferrigno Lou Mourinho da manetta degli dei andrà ad imbastire il derby del sole contro Luciano Spalletti. Come ai vecchi tempi ma partendo senza etichetta di favorite. José ricongiunge i nodi della storia tentando di portare qualcosa in bacheca assente dalla prima gestione capitolina dell’uomo Macho mosca toscano agghindatosi nel fluire del tempo con pizzetto.
Uomoranho ferrigno minuzioso stratega e demiurgo del tandem ‘Miletoo’ triplettato è molto abituato a piazze roventi, può scavare facendo riluccicare il meglio a disposizione opaco nelle ultime stagioni tra età avanzata, infortuni, screzi, approcci ( Dzeko e Zaniolo ad esempio). Tre o quattro anni sbiaditi anche per lui, poco adito a scuse e chiesto tempo dallo Special One.
Rimodellando al meglio o in disfatta, la piazza capitolina dura est.
Veni, anvedi, vici: nella capitale frazione giallorossa ‘cesperano’ consapevoli della imprescindibilità di due o tre acquisti altamente funzionali.
Tanto da guadagnare e tanto da perdere per l’arguto perfezionista di Setubal.