di Gianni Massaro
L’Inter di Inzaghi c’è, una sola sconfitta nelle prime 12 di campionato, 2 totali sulle 16 sfide disputate. Terzo posto non entusiasmante e tantomeno iper deprimente considerato il nuovo corso da plasmare al meglio. E Simone fa, e forgia.
L’Inter va a chiare bozze, senza ghirigori e segnando sempre, unici in stagioni a uscire dal campo vincenti contro i campioni italiani in carica gli italiani Ancelotti e Sarri, a reti inviolate solo Carletto e Roberto De Zerbi in Champions.
A segnare pochi problemi, in fase difensiva maggiori gli spiragli concessi;
8 partite di A consecutive subendo gol, mai successo nei due precedenti campionati.
Il cantiere inzaghiano in fase avanzata, così come in vantaggio si portano i nerazzurri negli incontri di cartello (per poi disperdersi nel mentre), sempre in vantaggio. Con il Milan, con Lazio e Atalanta, con la Juve… zero vittorie.
Lukaku ha lasciato un problema mai irrilevante, ossia quello dei rigori, la freddezza statica non si è rivelata punto forte di Martinez. Di Marco aveva fallito contro l’Atalanta, con i lombardi milanisti il Toro ha fatto flop.
Polveri bagnate, presto per mettere in discussione una punta fregiata di buona regia istintiva e fiuto gol, bardato di frecce differenti nel repertorio personale e di un ardente voglia seppur un po’ fumantina e discontinua.
Coi rigori eventualmente trasformati con Atalanta e Milan l’Inter sarebbe potenzialmente a tre punti dal Napoli primo. Dettagli.
Con i se e ma la storia non si fa, proverbio vecchio come Lo mondo.
Mal romanista sito nella truppa interista, come la squadra dell’ex Mou. Solo che nei 4 scontri diretti l’Inter uno ne ha perso e 3 ne ha pareggiati, la Roma viceversa fermando – prima in grado nell’impresa in A- il Napoli.
L’Inter va a nozze dunque con l’ottimo, e con l’attimo più di varie altre squadre. Gli addii di Lukaku e Hakimi celati, camuffati ma pesano ancora tanto sebbene sia stato velocemente imposto un senso di gruppo su basi più che buone lasciate da Conte.
Come Allegri Inzaghi vuole trarre solo vantaggi dalla base: a nozze con l’ottimo e difficilmente col mediocre. Finora di rado con l’eccellente.
Senza attoscare d’ “equino”, di destrieri partiti alla corte del Tamigi e di Parigi, due travi da scorribande corpose e rapide.
In porta Handa coi piedi e con le mani qualche volta farfuglia nelle parate, Barella luce di mezzo stenta quando il fisico non è al meglio, paga la blanda altezza e una tecnica raffinata ma solo a folate ispirata. Qualche scricchiolio a livello generale si nota, in una squadra abbastanza pensante e però pure pesantuccia in termini di meccanica del movimento corporale.
Inzaghi non è un brocco bensì uno dal fine odorato, segugio accorto e preparato che va a porsi nel mezzo fra Spalletti e Pioli, il secondo qualche soddisfazione immane da gregario calciatore e a secco in panca in palcoscenici eminenti, Luciano da reminiscenze sommamente felici obnubilate, in Russia aveva le ultime soddisfazioni: robe di un decennio fa.
Nel guado l’ex laziale di Piacenza, lì dove latita l’acqua per il tecnico parmense e il tratto del Certaldone risulta viceversa impossibile da attraversare per coloro che non sanno nuotare, infarcito di metri acquosi corrispondenti ai 2 campionati sovietici in bacheca.
Il baldo strenuo piacentino pregusta l’ascesa a tappe ragionate, logica prosecuzione del cammino avviato a Roma. La riconferma del tricolore bauscia necessiterà del miglior Dzeko, scarno il alcune occasioni di istinto predatore Dracula, splende di spontanee assistenze ululando nel branco e non tanto spietato da punta effettiva.
Edin ha tenuto dal punto di vista prolifico nell’avvio stagionale stupendamente considerate le ultime opache stagioni capitoline, oltre a dispensare suggerimenti fatti degni ripiegamenti difensivi.
Il turbo potrà essere innescato nel motore da Correa e Calhanoglu, finora mostratisi a pennellate e guizzi estemporanei, la loro limpida tecnica e le terse giocate da ottimi valori dovranno inevitabilmente prendere una piega maggiormente consistente. Altrimenti rimanere in scia delle prime due resterebbe una piccola utopia.