di Massimo Fabi
Se c’è Angel Di Maria in campo l’Argentina può dormire sonni tranquilli. Discorso inverso se assente. Il tutto indipendentemente da Messi. Non è una forzatura, lo dice la storia albiceleste degli ultimi due anni. Partiamo dal Mondiale 2014 in Brasile: dopo il gol decisivo siglato alla Svizzera, nei quarti di finale contro il Belgio ‘el Fideo’ consentiva ad Higuain di sbloccare il risultato. Poi la lesione all’adduttore. La Selección arriva fino in fondo ma non sarà più in grado di metterla dentro: senza l’imprevedibilità e la profondità assicurate da una pedina insostituibile, il lampo di Götze condanna gli uomini di Sabella. Lo scorso anno proseguiva la maledizione di Di Maria, infortunatosi durante l’ultimo round di Copa America: l’Argentina, con Messi presente in tutti i 120 minuti, non va oltre lo 0-0 e perde ai rigori l’ennesima finale degli ultimi anni. Dalla dolorosa serata di Santiago del 4 luglio al debutto di qualche ora fa nell’edizione straordinaria del Centenario: nell’arco di undici mesi, la formazione di Tata Martino ha ottenuto il riscatto sul Cile con una doppia vendetta, a cominciare dalla violazione dell’Estadio Nacional nella gara di marzo valevole per le qualificazioni ai Mondiali in Russia. Due successi consecutivi, entrambi per 2 a 1, entrambi sotto il segno di Angel Di Maria. Esterno, seconda punta o rifinitore, nel tardo pomeriggio di Santa Clara il fuoriclasse del Paris Saint-Germain ha trascinato la sua nazionale rompendo gli equilibri ad inizio ripresa e ricambiando poi il favore dell’assist a Banega. Vidal e compagni silurati in dieci minuti dal pressing magistrale avversario e dalle lucide giocate di Di Maria omaggiante la nonna recentemente scomparsa. Un’ala totale con piedi e intelligenza da trequartista: pur partendo da posizione defilata è lui il fulcro del gioco offensivo albiceleste, supportato da doti tecniche e atletiche fuori dal comune e in grado di far dimenticare il forfait della ‘Pulce’ rimasta a guardare e ammirare in panchina. Sentimenti contrastanti a fine gara scuotono i cuori argentini: consapevolezza di essere forse i migliori, scardinando i campioni del Sud America e avendo visto un Brasile non irresistibile, ma anche immenso rammarico per quello che avrebbe potuto essere con Di Maria a piena disposizione nelle recenti finali e che invece non è stato per molta sfortuna. Non è un caso d’altronde che la rete della bandiera cilena sia arrivata agli sgoccioli, quando l’esterno di Rosario era stato preservato da tredici minuti. Più che amuleto, Di Maria fa semplicemente la differenza: la bellezza del suo mancino ha incantato il Levi’s Stadium, seconda solo a quelle sugli spalti..