Alessandro Paparella
Arrogante, pieno di sè, presuntuoso e quanto più lontano possibile dal concetto di “bandiera”. Ma è un professionista esemplare e uno dei pochissimi giocatori al mondo la cui sola presenza in campo rende la squadra in cui gioca competitiva per vincere il campionato. L’uomo in questione è ovviamente Zlatan Ibrahimovic, che a quasi 35 anni continua ad essere uno dei calciatori più determinanti al mondo. Lo sa bene questo Josè Mourinho, che lo ha voluto fortemente con se al Manchester United. Il portoghese ben sapeva che questa volta sarebbe salito sulla panchina di una squadra prestigiosa, ricca, ma anche in ricostruzione e desiderosa di tornare quanto prima ai fasti dell’era Ferguson. L’aspetto positivo è che in ricostruzione lo sono anche le rivali, almeno quelle più credibili, il Manchester City di Guardiola e il Chelsea di Conte, due allenatori nuovi e alla prima esperienza in terra d’Albione. Il modo più immediato per rendere competitiva una squadra nel brevissimo periodo è quello di dotarsi di grandi calciatori, che facciano sempre e comunque la differenza. Ibrahimovic questo in carriera l’ha sempre fatto. Ajax, Juve, Inter, Milan, PSG e persino il Barcellona, perché se decidi uno scontro diretto e la tua squadra vince il campionato grazie a quei 3 punti, determinante lo sei stato anche li. Ovviamente anche l’esordio con il Manchester United è stato mostruoso. Gol decisivo per strappare al Leicester di Ranieri il Community Shield, gol alla prima di campionato a Bournemouth, doppietta all’esordio a Old Trafford contro il Southampton. L’uragano Ibra già si abbatte sulla Premier e pazienza se non vincerà la Champions neanche quest’anno (il Manchester United non vi parteciperà). Se vincesse il titolo nella quinta nazione diversa e con la settima squadra diversa sarebbe ugualmente nella leggenda.