di Alessandro Nardi
Il Manchester non vince la Premier League dal 2012\13 e per una squadra con la storia, la forza economica
e mediatica come quella del club di Old Trafford è una notizia. L’impresa giunse all’ultima stagione di Sir.
Alex Ferguson, 27 anni alla guida dei
Red Devils
e vera e propria istituzione da quelle parti. Non credo che si
possa parlare di una maledizione in stile Bela Guttman, anche perché Sir. Alex ha deciso da solo (da almeno
un anno prima) di smettere nonostante tutti cercassero di dissuaderlo, ma in qualche modo Ferguson centra
lo stesso. E’ noto che un allenatore, il quale ha vinto moltissimo in un club, una volta che decida di andare
via lasci un vuoto difficilmente colmabile dal suo successore; basti vedere l’Inter del post-Mourinho, si può
facilmente intuire come il vuoto lasciato da Ferguson fosse maggiore non solo dal punto di vista affettivo,
ma soprattutto dal punto di vista tecnico. Lo straordinario mister scozzese come tutti i trainer anglosassoni,
era un manager a tutto campo che organizzava in ogni minimo dettaglio la vita del club, come se fosse una
creatura legata a lui a tutti gli effetti da un cordone ombelicale. Trovare un suo successore, soprattutto da
questo punto di vista non è facile e nonostante il Manchester si fosse affidato a professionisti del calibro di
Van Gaal e Mourinho (la parentesi Moyes è stata un’imprudenza, data i soli 40 anni del tecnico scozzese e la
conseguente inesperienza a certi livelli), non è riuscito ad evitare i fallimenti di queste ultime stagioni,
soprattutto da questo punto di vista. In questi anni lo United è la squadra che ha un maggior passivo di
bilancio tra acquisti e cessioni (-508.48, seguito dai
Citizen
che di milioni ne hanno spesi 503.61), ha potuto
contare su campioni come Di Maria, Pogba, Martial e addirittura Ibraimovic ma non si è andati oltre a
l’Europa league di questa stagione, una F.A Cup, una Community Shield e la Efl Cup. Briciole per una società
del genere. Il fatto ancora più grave è che nelle quattro stagioni successive alla vittoria dell’ultimo titolo, i
Red Devils
sono arrivati una sola volta tra le prime quattro posizioni del campionato. La società capeggiata
dagli americani ha gettato via soldi per giocatori che non hanno mostrato in campo le qualità per le quali
erano stati comprati (come ad esempio Martial) o cifre esorbitanti (ben 105 milioni) per riacquistare Pogba
che era un giocatore del suo vivaio perso a zero euro (praticamente un suicidio finanziario) e che per altro
non ha reso come speravano. E’ un paradosso, ma la società che aveva fatto della gestione finanziaria del
club il proprio fiore all’occhiello, sembra non essere in grado di ritornare ad essere la macchina perfetta che
era. Anzi il suo tallone d’Achille è proprio lì, nella gestione delle risorse economiche. Al contrario un vero
esempio di gestione ce lo ha dato il Chelsea che tra le società vincenti è quella che in questi anni ha speso di
meno (157.43 milioni di passivo), dove a parte il decimo posto dello scorso anno ha collezionato due primi e
due terzi posti, affidandosi non ultimo ad un tecnico “affamato “come Conte e a degli investimenti forti, ma
mirati, sul mercato. Al contrario dello United è riuscito a trasformare giocatori che non avevano convinto
(Felipe Luis ceduto a 16 milioni, Salah a 20) in ottimi affari, cosa che durante l’epopea Ferguson accadeva
molto spesso anche dalle parti di Manchester. Insomma: “Alex ritorna… le colline sono in fiore…”