Francesco Falzarano
Deve passare qualche ora, spesso un po’ di più, perché scrivere e parlare del Benevento in modo lucido, fidatevi non è cosa facile negli ultimi mesi. Mesi in cui il sogno è diventato un vero e proprio incubo per tutte le età. Ci eravamo lasciati con lo speranzoso match dello Stadium, e con la convinzione che in due settimane, avremmo visto il Benevento di Roberto De Zerbi. Atteggiamento, voglia, cattiveria, gioco. Il suo tanto decantato 4-3-3, con tutta la squadra al completo. Invece niente di tutto questo. Il Benevento perde in modo incredibile e rocambolesco, facendosi del male da solo, ma soprattutto presentandosi in campo in modo apatico, nullo, e peggio ancora impaurito. Perché nel calcio, tu calciatore, sei il primo nemico della paura. E allora il pallone scotta, le gambe diventano molli ed i piedi deboli, la testa distrutta ed il risultato è un fallimento. La peggior partita della stagione a nostro modo di vedere, un Benevento sterile, e che poco o nulla ha costruito se non qualche occasione figlia del caso, il tutto contro un modestissimo Sassuolo. Squadra al completo, ma differenze nessuna, ritiro che ci è parso inutile, De Zerbi bravo dinanzi il microfono e nulla più. In confusione anche il tecnico Bresciano, le sue idee, i suoi dettami non sono stati assimilati. Servivano certezze, invece altre idee hanno invaso le fragili teste dei calciatori giallorossi, recepite quasi per nulla, aldilà di una stantio e infastidente palleggio a ridosso della propria area. Forse era vero, forse l’unico che poteva portare punti in cascina con la squadra al completo, quando abbiamo visto il vero Benevento, corrispondeva al nome di Marco Baroni, ma questa è un’altra storia, e non ha senso parlarne ora.
A questo vanno aggiunti, un’incommentabile ingenuità nell’occasione del cartellino rosso, non concessa ad un calciatore di serie A, in una situazione come quella di ieri, a pareggio raggiunto e con l’inerzia che in match così importante in un modo o nell’altro avrebbe dovuto tingersi di giallorosso. E cinque minuti finali da “ufficio inchiesta”, e li reputiamo da “ufficio inchiesta” perché non c’è aggettivo che li possa descrivere. Un fallo di mano scellerato, insensato e fuori luogo che regala un rigore al Sassuolo. Berardi sbaglia, bene, è finita ? Macchè. Prima un colpo di testa che si stampa sulla traversa, poi sul seguente calcio d’angolo la rete dell’1-2 che sancisce il game over sul campionato e non solo.
Ma la partita lascia il tempo che trova, qui non si tratta più di punti persi, di vittoria, pareggio o sconfitta. Non si tratta più del goal mancato o del fuorigioco fatto male o dell’errore tecnico tattico. Non c’è rispetto, non c’è dignità, non c’è onestà intellettuale. E non parliamo dei calciatori in quanto tali, ma dei calciatori in quanto essere umani, esseri umani che stanno infangando una città intera e la vera essenza dei Sanniti. Un popolo che voleva vivere un sogno ed invece è costantemente di fronte ad un incubo. E non conta più la favoletta “inutile lamentarsi, tanto siamo in serie A”, perché non c’è legge scritta che indicava il Benevento come retrocessa d’obbligo, solo perche “siamo in serie A”. Ma poi, c’è retrocessione e retrocessione. Questa non è una retrocessione, questo è un dolore, è una ferita, che sarà scolpita negli annali della storia del calcio. Un qualcosa che la città non merita. Una città corretta, elegante, un tifo che neanche ieri ha fatto mancare l’apporto alla squadra per tutto il match, e che a fine partita indignata non aveva neanche la forza di proferire insulto verso calciatori che in questo momento disonorano prima loro stessi, poi la città che rappresentano.
Obiettivi ora non c’è ne sono, la situazione ieri è capicollata in maniera irreparabile. Bisogna salvare il salvabile, bisogna salvare la faccia. Non interessano più frasi e/o discorsi del tipo “ci crediamo, ci salveremo”. La gente non ha bisogno di fumo negli occhi, la gente non ha bisogno di essere presa in giro, ancor più dopo quello che succede nei ’90 domenicali. Quindi i calciatori dovrebbero far leva sul loro senso umano, di persone normali e rendersi conto del danno etico e morale che stanno arrecando ad una città che li fa vivere nel benessere e nella serenità.
Cari ragazzi, non pensate alla salvezza o ai miracoli, perché adesso la vostra dignità vale molto di più dei punti.